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XXVII Domenica del T.O. – La vigna, il regno di Dio, è stata tolta a quei capi di Israele e data una nuova collettività umana: la comunità dei poveri nello spirito, dei miti ….

La nostra generosa e pronta disponibilità ad Accogliere il Regno di Dio è il tema di questa domenica; tema  che viene introdotto già dal profeta Isaia (prima lettura), che presenta in maniera allegorica  la storia di Israele. La stessa cosa fa Gesù, rivolgendosi ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo, con una parabola che riprende le stesse immagini usate da Isaia.
La storia che il profeta ci presenta in realtà ci appartiene: si tratta infatti dell’alleanza che Dio ha voluto stabilire con l’umanità e alla quale anche noi siamo chiamati a partecipare. Questa storia, come ogni storia d’amore, conosce i suoi momenti positivi, ma è anche segnata da tradimenti e rifiuti. Proprio a questi ultimi fanno riferimento sia Isaia che Gesù. ( N. Galantino)
Nella prima lettura abbiamo ascoltato “Voglio cantare per il mio diletto il mio cantico d’amore per la sua vigna” . Chi canta è  il profeta che è eco del Diletto. È un puro riecheggiare del canto di Dio in modo tale che quella vigna diventa sua …. Questa rappresenta una chiave generale per la nostra vita: lo Spirito Santo ci porta a riecheggiare il sentimento e il canto di Dio e la sua vigna diventa nostra … Il regno di Dio diventa talmente oggetto dei nostri pensieri che diventa il nostro regno. Solo così ha senso la vita che è vivere in profondità con il pensiero e il sentire di Dio. Il resto del canto dice tutto l’amore gelosia e cura di Dio che saranno ripresi nella parte iniziale del vangelo ( D. G. Dossetti )
Gesù racconta questa parabola allegorica alla vigilia della sua passione, la racconta proprio per quelli che la metteranno in pratica contro di lui, fino a rigettarlo fuori dalla città e a crocifiggerlo. Così Matteo ci mostra che Gesù ha coscienza di essere il Figlio inviato dal Padre nella vigna di Israele, sa ciò che lo attende come fine (télos) della sua missione in questo mondo e non si sottrae a questa necessitas humana inscritta nella storia: in un mondo ingiusto, il giusto può solo essere rigettato fino a essere eliminato!
Gesù sa che il Padre non l’ha mandato nel mondo perché subisca la morte violenta; sa che il Padre, come il padrone della vigna, lo ha inviato perché sperava, perché spera di essere accolto. E anche se questa è la fine dolorosa che lo attende, Gesù sa che l’ultima parola spetta comunque al Padre. Conoscendo le sante Scritture e pregandole, sa infatti che – come sta scritto – la pietra che proprio i costruttori avrebbero scartato, messo fuori dalla costruzione, Dio l’avrebbe scelta e posta come testata d’angolo, facendo poggiare su di essa tutta la costruzione. ( E. Bianchi )
Nella punta della parabola (che però ha più punte, ora ne vediamo una sola) i vignaioli che compiono l’uccisione sono una categoria teologica permanente non solo storica. Sono i capi ma sono anche tutto il popolo. Sono quelli che stanno davanti al Signore. Questa categoria teologica si rinnova nel tempo intermedio e quindi ci siamo dentro tutti …  (  G. Dossetti  Gerusalemme, 1 ottobre 1978)
 È questa una parabola che risuona certamente come un giudizio di Dio: non però sul popolo d’Israele, ma su quei capi del popolo che hanno rigettato e condannato Gesù. … La parabola dice, inoltre,  che questo sarà pure il giudizio sulla chiesa, soprattutto sui suoi capi. La vigna è stata tolta a quei capi di Israele e data una nuova collettività umana (éthnos): la comunità dei poveri nello spirito, dei miti …
Certo, al suo interno ci saranno ancora dei pastori, dei capi, dei primi, ma stiano attenti a non essere come i vignaioli della parabola. La loro tentazione, infatti, è quella di occupare tutto lo spazio ecclesiale, assolutizzando i loro progetti e chiedendo obbedienza a sé; la loro tentazione è quella di sostituirsi al Signore, magari con il semplice stare al centro, sentendosi non servi dei servi, ma padroni.
Anche nella chiesa può accadere come nella parabola. E, se anche in essa non si manifesta la violenza fisica (come però è purtroppo avvenuto in altre epoche storiche!), oggi magari si pratica la violenza del non ascolto, del rifiuto, dell’emarginazione, della calunnia, del disprezzo, della manipolazione, dell’abuso psicologico. ….  ( Enzo Bianchi )
 Fratelli e sorelle, Dio non si vendica! Dio ama … . Attraverso le “pietre di scarto” – e Cristo è la prima pietra che i costruttori hanno scartato – attraverso situazioni di debolezza e di peccato, Dio continua a mettere in circolazione il «vino nuovo» della sua vigna, cioè la misericordia …. C’è un solo impedimento di fronte alla volontà tenace e tenera di Dio: la nostra arroganza e la nostra presunzione, che diventa talvolta anche violenza! Di fronte a questi atteggiamenti e dove non si producono frutti, la Parola di Dio conserva tutta la sua forza di rimprovero e di ammonimento: «a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti» (v. 43).
L’urgenza di rispondere con frutti di bene alla chiamata del Signore, che ci chiama a diventare sua vigna, ci aiuta a capire che cosa c’è di nuovo e di originale nella fede cristiana. Essa non è tanto la somma di precetti e di norme morali, ma è prima di tutto una proposta di amore che Dio, attraverso Gesù, ha fatto e continua a fare all’umanità.
È un invito a entrare in questa storia di amore, diventando una vigna vivace e aperta, ricca di frutti e di speranza per tutti. Una vigna chiusa può diventare selvatica e produrre uva selvatica. Siamo chiamati ad uscire dalla vigna per metterci a servizio dei fratelli che non sono con noi, per scuoterci a vicenda e incoraggiarci, per ricordarci di dover essere vigna del Signore in ogni ambiente, anche quelli più lontani e disagevoli.  ( Papa Francesco )
 
 
 
 

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