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XXIV Domenica del T.O. – CIASCUNO di voi…chi dite che Io sia ???!!!

La prima lettura ci consegna l’immagine del servo sofferente, servo che  prima di essere mite rispetto agli aggressori, è mite rispetto alla Parola. L’ultimo versetto ricorda la Passione del Signore, l’ora delle tenebre; i tizzoni ricordano le lanterne con cui sono andati a prendere il Signore, è una luce alternativa che non illumina.

L’immagine della faccia dura come pietra il testo richiama il vangelo di Luca durante il viaggio di Gesù verso Gerusalemme.  C’è pero una piccola differenza fra il servo e Gesù: il servo sopporta con fiducia e si offre per il bene di tutti; Gesù prega per i suoi persecutori e piange sulla città. Lui vuole portare tutti al Padre.

Giacomo, nella seconda lettura, proclama che  la fede non può significare altro che avere in noi l’opera della fede. E la fede è sempre necessariamente “opera” in noi: per noi stessi, prima di tutto.

Nell’esempio citato da Giacomo, nella II lettura, si sottolinea che affermare verbalmente la fede senza averne le opere è dire niente; al contrario, ogni silenzioso atto di carità osservato in qualcuno, suggerisce che quella persona si muova con fede e nella fede. La sottolineatura che  la fede “è morta in se stessa”, sembra affermare che la fede che è morta…perché neppure è mai nata, oppure perché il dono di Dio è stato soffocato e spento (G. Nicolini,).

Nel brano del Vangelo  Gesù, attraverso una pedagogia graduale, conduce i discepoli ad affrontare  la  domanda  di  fondo  sulla sua identità… …  senza rispondere alle sue domanda con “frasi fatte” …senza accontentarsi del parere o del racconto di altri. ( N. Galantino )

È la domanda fondamentale che Gesù pone è: E voi, CIASCUNO DI VOI, chi dite che io sia?”,  invocando una risposta tutta personale. Certamente tra i discepoli gli stessi Dodici non la pensavano tutti allo stesso modo. Così Pietro – e non a nome di tutti, o come portavoce, ma personalmente – proclama “Tu sei il Cristo, il Messia!”.  … Con la confessione di Pietro  Gesù può iniziare un insegnamento nuovo rispetto a quello della tradizione annunciando il “ programma” del Padre per la salvezza di tutti,  e cioè che Lui, il Figlio dell’uomo,“doveva soffrire molte cose, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere”. …  Ma per  Pietro è impossibile un Messia che non trionfi, che non sia vittorioso sui nemici… un Messia che subisca una morte violenta. E poi, cosa significa questo rialzarsi il terzo giorno?  Gesù allora può solo rispondergli: “Passa dietro a me (opíso mou), alla mia sequela, al tuo posto di discepolo”, e lo definisce “Satana”, cioè oppositore, avversario… È facile dire a Gesù che egli è il Cristo, il Messia, ma è impossibile accettare un “Messia al contrario”, un Messia sofferente sconfitto; si tratta davvero di un insegnamento nuovo, e Pietro non è pronto ad accoglierlo… E poi, al pensiero che dietro a un tale Messia, maestro e profeta si è coinvolti nella sua vicenda, allora siamo presi da paura e preferiamo non credere, non conoscere la vera identità di Gesù.  E così siamo cristiani non del Vangelo, ma del campanile; cristiani culturalmente, non perché seguiamo Gesù; cristiani pii e devoti, ma lontani dall’ombra della croce. ( E. Bianchi )

Quella della realtà di Dio non è mai di quelle verità da accettare come oggetti della mente, come proclamazioni ufficiali di una società o di una istituzione: la verità è una persona e una persona non si conosce come concetto ma in uno scambio.

Anche al nostro livello, solo attraverso uno scambio di reciprocità si conosce la persona. E così Dio: Egli non è un oggetto di dimostrazione; attraverso il Cristo, Egli mi si apre come una interiorità infinita che attende da me un’analoga apertura.

Questo è il mistero della fede. E…la fede non è un oggetto di verità da insegnare col catechismo a memoria, è il rapporto con questo nuovo baricentro della storia dell’umanità che non si definisce con concetti. Infatti fa parte della memoria cristiana essenziale l’affermazione che si definisce con la croce, cioè con un evento, non con un concetto, e quell’evento è più denso di tutti i Vangeli messi insieme e di tutte le Lettere di San Paolo messe insieme.

Infatti, gli uomini, anche gli scrittori sacri, hanno letto quell’ evento secondo la misura possibile ma quell’evento trascende anche la parola scritta.

Noi non siamo figli di un libro – che sarebbero i Vangeli – siamo figli della crocifissione e della resurrezione, che sono due facce di uno stesso evento.

…. Restiamo al Messia come «servus patiens». Allora io mi dico: intanto, a livello della fède cristiana, non dimentichiamoci mai che questo è il punto di confronto.

Pensate, ad esempio, alle fastidiose e sterili dispute fra le chiese cattolica, protestante, ortodossa, per realizzare l’ecumenismo. O si rimisurano qui o l’ecumenismo sarà come la Comunità Europea! Si mettono d’accordo, ma non è ancora la conversione. Occorrerebbe che ciascuna di esse si pentisse davanti a Dio di aver vissuto la fede nel Messia secondo i modi della potenza, con una mentalità secondo gli uomini, secondo il pensiero germanico, secondo il pensiero greco/romano, secondo il pensiero slavo.

Noi abbiamo subordinato la fede nella crocifissione alle nostre culture.

Liberiamocene misurandoci con la negazione di tutto questo, trascendendo tutto questo. Questo è l’iter della fede, ma questo vale anche per noi che siamo stati catechizzati a una fede fatta di pratiche, di formule, di credi, di professioni, tutte cose che si fanno anche con le baionette in mano! Si dice il Credo anche prima della battaglia! ma allora Gesù dice: «Va’ indietro Satana!» … ( Ernesto Balducci – da: “Gli ultimi tempi” – vol. 2)

 

 

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