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XVIII Domenica del T.O. – L’AMORE che Cristo ci ha donato è la fonte della vera felicità, mentre la ricerca smisurata dei beni materiali è spesso sorgente di inquietudine!

Nella PRIMA LETTURA L’espressione hebel habalim, che traduciamo con «vanità delle vanità», è un superlativo ebraico. Il suo significato è: «soffio del vento, vapore, fumo». Dalla stessa parola hebel deriva il nome di Abele: il primo fratello che compare nella Bibbia (Gen 4,2) e scompare come un soffio.   

Il termine , ripetuto trentotto volte, è innegabile che costituisca uno dei temi principali del Qoelet. Non possiamo, però, affermare che la totalità infinita (il  «tutto ontologico») sia soffio, ma è soffio  “ tutto quello che sta sotto il sole “ per cui  l’espressione ha un tono di universalità ma non di infinitezza: non si può vedere oltre il sole. ….

 

Sotto il sole significa «su questa terra e in questa storia».    La vanità non è solo una realtà che permea la creazione nelle sue dimensioni di tempo e di spazio ma entra, come fitta nebbia, anche nell’intimo dell’uomo e gli genera uno stato interiore di angoscia, di febbrile attività, di paura per cui l’uomo è sempre alla ricerca di ciò che gli dà sicurezza e pace.

 

La SECONDA LETTURA si apre con il grande annuncio della nostra vita di “risorti con Cristo”, per questo, noi siamo “morti” e la nostra vita è “nascosta con Cristo in Dio”.  Il dinamismo, che il battesimo imprime alla nostra esistenza e che consiste nel conformarci sempre più a Cristo porta a eliminare le differenze di ogni genere sia quelle stabilite dalla Legge, sia quelle nate in seno alle Genti. Cristo è il principio che unifica tutto non eliminando la distinzione ma togliendo la divisione.  Cristo infatti è tutto in tutti.

 

Nel VANGELO , al ricco stolto che  mette davanti a se stesso, tre considerazioni: i molti beni ammassati, i molti anni che questi beni sembrano assicurargli e la tranquillità e il benessere sfrenato. … Dio indica l’immediatezza di «questa notte; stanotte morirai»; al posto del «godimento della vita» . Gli presenta il «rendere la vita..a Dio», con il conseguente giudizio. ..  La realtà dei molti beni accumulati … viene ricoperta dal sarcasmo della domanda: «E quello che ha preparato, di chi sarà?» . Egli è stolto perché  crede concrete mcose che  sono una fantasia …. Egli è stolto perché nella prassi ha rinnegato Dio..  

  La conclusione della parabola …è  un ammonimento che rivela l’orizzonte verso cui tutti noi siamo chiamati a guardare. I beni materiali sono necessari – sono beni! -, ma sono un mezzo per vivere onestamente e nella condivisone con i più bisognosi.  Gesù oggi ci invita a considerare che le ricchezze possono incatenare il cuore e distoglierlo dal vero tesoro che è nei cieli. Ce lo ricorda anche San Paolo nella seconda lettura. : «Cercate le cose di lassù. … rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra» (Col 3, 1-2).  Questo – si capisce – non vuol dire estraniarsi dalla realtà, ma cercare le cose che hanno un vero valore: la giustizia, la solidarietà, l’accoglienza, la fraternità, la pace, tutte cose che costituiscono la vera dignità dell’uomo.  Si tratta di tendere ad una vita realizzata non secondo lo stile mondano, bensì secondo lo stile evangelico: amare Dio con tutto il nostro essere, e amare il prossimo come lo ha amato Gesù .. La voglia di avere beni, non sazia il cuore, anzi provoca di più fame! .. L’amore così inteso e vissuto è la fonte della vera felicità, mentre la ricerca smisurata dei beni materiali è spesso sorgente di inquietudine, di avversità, di prevaricazioni, di guerre. Tante guerre incominciano per la cupidigia ! ( Papa Francesco)

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