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Assunzione di Maria – Risorto con Cristo, il corpo di Maria, come quello di ogni uomo e ogni donna, è destinato a vivere in Dio, perché la nostra umanità da sempre gli appartiene, sta in lui, è lui!

Stilo – ” Dormitio Virginis” (Particolare)

Nella prima lettura la visione dell’apparizione dell’Arca – insieme a lampi, tuoni, terremoto e grandine (segni abituali delle teofanie) – significa che il “compimento” di Dio non consiste semplicemente nella vittoria sulle forze del male nel giudizio, ma in una presenza divina nuova e definitiva, in una comunione senza rotture.

Tante le ipotesi per identificare la “donna” che innanzitutto è:

  • l’ Israele descritto dai profeti nell’A.Testamento;
  • la Chiesa, in balia della persecuzione e tuttavia protetta; ed infine
  • Maria, conclusione dell’Antico Testamento e punto di passaggio dall’antico al nuovo Israele, madre del Messia e immagine della Chiesa. 

Per ben due volte in questo capitolo si dice che la donna, minacciata dal drago, è portata in salvo nel deserto, luogo dell’essenzialità, dove l’uomo sperimenta che Dio solo basta e giunge ad un rapporto esclusivo con Lui.

Nella  seconda lettura  risuona forte il termine “ primizia “ con il quale  Gesù viene chiamato. Questo termine non solo è legato al  dato “temporale” ma soprattutto  al  dato sacrificale delle vittime offerte a Dio: le primizie che venivano offerte, e tra esse il “primogenito”,  erano segno e memoria dell’agnello sacrificato nella pasqua.

Gesù è la pienezza di questo duplice volto della “primizia”! Quindi, “coloro che sono morti” non sono solo quelli che morti fisicamente, con Lui e dopo di Lui risorgeranno, ma la loro stessa morte acquista la sostanza nuova dell’offerta sacrificale: con Lui moriamo e con Lui risuscitiamo.  

Questa è la sublime avventura dell’umanità, collocata tra due “uomini”: per il primo è venuta la morte e per mezzo dell’ultimo la risurrezione dei morti.

 

L’assunzione in cielo di Maria non è di per sé una verità necessaria, ma di certo dice una verità autentica che appartiene alla nostra fede. Questa verità è contenuta in germe nella pagina di vangelo di oggi, il canto di Maria.  Nel Magnificat Maria racconta la sua vicenda personale con colui che da subito confessa per ciò che è per tutto Israele “il Signore”, ma che poi immediatamente riconosce per ciò che è per lei “mio Salvatore”. Solo il Dio che è riconosciuto da ciascuno come “mio Salvatore” può essere confessato da tutti come “il Signore”.    La storia di questa ragazza con il suo Salvatore è iniziata quando ha sentito che il Signore ha posto su di lei il suo sguardo e ha visto la sua piccolezza: “Mi ha guardata per quella che sono, quel poco che sono”. La sua piccolezza non è insignificanza ma marginalità, che è la condizione dei poveri del Signore nel mondo. Maria si è sentita guardata non usata, riconosciuta non utilizzata. L’inizio e poi il seguito del Magnificat attesta come Maria iscrive la sua intima e personalissima storia con Dio nella storia di tutto il popolo d’Israele, rivelando così come questa giovane donna sia lucidamente consapevole del significato dei fatti che la coinvolgono. Eventi che lei “custodisce e mette insieme nel suo cuore” (Lc 2,19) e dunque avvenimento che lei non subisce passivamente ma che vive attivamente come donna di fede

Celebrando oggi la glorificazione del corpo di Maria noi confessiamo che Dio … non ha usato il corpo di Maria perché venisse al mondo suo Figlio, come non ha usato il seme di Abramo per generare il suo popolo.

Perché Dio nella storia con l’umanità non si è mai servito di nessun uomo e nessuna donna come di un mezzo per realizzare un fine, fosse anche il fine più grande per la salvezza del mondo intero.

Risorto con Cristo, il corpo di Maria, come quello di ogni uomo e ogni donna, è destinato a vivere in Dio, perché la nostra umanità da sempre gli appartiene, sta in lui, è lui. Oggi confessiamo che nell’umanità di Dio c’è anche l’umanità di Maria, come un giorno ci sarà quella di ciascuno di noi e speriamo di tutti.

L’entrare di Maria in cielo nella gloria di Dio ci consenta di comprendere che divino non è più che umano. ( fr Goffredo – Monastreo di Bose )

 

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