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VI Domenica di Pasqua: la dimora di Dio in noi è permanente.

vi do la mia pace gIl vangelo di questa domenica, al capitolo 14 di Giovanni, contiene un versetto – il 23 – che da solo, se compreso, cambia radicalmente la relazione con Dio, il concetto di Dio e di conseguenza il rapporto con gli altri.
 «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui »
 «…  la dimora di Dio in noi è permanente, anche se a noi può sembrare diversamente per una discontinuità psicologica, spesso, alla quale non corrisponde affatto una maggiore o minore presenza di Dio.
 Il mondo non lo può vedere perché è nella disobbedienza. Non può avere nessuna esperienza neppure iniziale dello Spirito; quindi, per questo noi non possiamo avere nessuna partecipazione con il cosmo, con le sue idee.
 Il punto decisivo dell’esperienza spirituale è quello di arrivare a percepire la presenza dello Spirito Santo in noi, quando ci accorgiamo che ci muoviamo non in noi ma nello Spirito. Il cammino è graduale: s’inizia con piccoli atti di obbedienza e così via. (D.G. Dossetti, appunti di omelia, Gerico, 22.11.75 )
 
 Nell’Esodo Dio aveva posto la sua dimora in una tenda in mezzo al popolo, e camminava con esso guidandolo verso la libertà. Poi Dio venne come sequestrato dalla casta sacerdotale e relegato in un tempio dove non a tutti era possibile l’accesso, alcuni erano esclusi e quelli che  erano ammessi lo erano soltanto a determinate condizioni, con determinati cerimoniali e soprattutto attraverso il pagamento di tributi e offerte.
 Con Gesù Dio ha abbandonato definitivamente il tempio e, come ha scritto Giovanni all’inizio  del suo vangelo, “ha posto la sua tenda fra noi”. E’ iniziato un nuovo Esodo, cioè un cammino nuovo di liberazione dove ogni discepolo del Cristo diventa la sua dimora divina.
L’uomo aveva sacralizzato Dio, mediante la comunicazione del suo Spirito Dio ora sacralizza l’uomo.
 Non esistono ambiti sacri al di fuori dell’uomo, la sacralizzazione dell’uomo compiuta da  Gesù quindi desacralizza tutto quello che prima veniva concepito o spacciato per sacro.
Dio no né una realtà esterna all’uomo o lontana da lui, ma è interiore e ora ha un nome: Padre.
Mentre la relazione con Dio aveva bisogno di mediazioni, l’intimità del credente con suo padre, con il Padre, le rende superflue.
 ….  Quando  l’uomo comprende questo cambia il rapporto con Dio; comprende che Dio non assorbe le energie dell’uomo, ma gli comunica le sue, un Dio che non diminuisce l’uomo ma che lo  potenzia, e soprattutto non chiede che l’uomo viva per lui – e questo è tipico della religione – ma che viva di lui, e sia con lui e come lui portatore di questa onda crescente di vita e d’amore per tutta l’umanità.  ( A. Maggi )
 
…. Un Dio che non chiede offerte all’uomo, ma che si offre all’uomo e chiede ad ogni uomo di accoglierlo, per fondersi con lui, e diventare l’unico vero santuario dal quale si irradia il  suo amore, la sua misericordia e la sua compassione.
Ora, Gesù sa che non potrà accompagnare per molto tempo i suoi discepoli; ma sa anche che c’è un altro modo, non necessariamente fisico, di stare con loro. Perciò li prepara perché imparino a sperimentarlo non più come una realtà materiale, ma in un’altra dimensione, nella quale potranno contare sulla forza, la luce, la consolazione e la guida necessaria per restare fermi e affrontare il cammino quotidiano con fedeltà. Gli promette quindi lo Spirito Santo, l’anima e motore della vita e del suo stesso progetto, perché accompagni il discepolo e la comunità.
In fine Gesù offre ai suoi discepoli il dono della pace: “vi lascio la pace, vi do la mia pace“, testamento spirituale che il discepolo dovrà cercare di coltivare come un progetto che permette di realizzare nel mondo la volontà del Padre, manifestata in Gesù. Nella sacra scrittura e nel progetto di vita cristiana la pace non si riduce a mera assenza di armi e violenza; la pace riassume tutte le dimensioni della vita umana e si traduce in un impegno permanente per i seguaci di Gesù.  ( O.Romero )
 
La pace non si impone: Non ve la do come la da il mondo; la pace si offre: lascio a voi la pace.
Essa è il primo frutto di quel comandamento sempre nuovo che la germina e la custodisce: Vi do un comandamento nuovo: amatevi l’un l’altro (Gv 13,34). …..
Cadono quindi le distinzioni tra guerre giuste e ingiuste, difensive e preventive, reazionarie e rivoluzionarie. Ogni guerra è fratricidio, oltraggio a Dio e all’uomo. O si condannano tutte le guerre, anche quelle difensive  e rivoluzionarie, o si accettano tutte. Basta un’eccezione, per lasciar passare tutti i crimini (P. Mazzolari, Tu non uccidere pp. 114-5).
 

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