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Omelia del nostro Vescovo Vincenzo per l'Apertura della Porta Santa nel Giubileo straordinario della misericordia.

Vesc manzella Apre porta Santa rIl mio affettuoso saluto a voi tutti qui convenuti in questa III Domenica di Avvento per dare inizio al Giubileo Straordinario della Misericordia nella nostra Diocesi.
Saremmo stati ben lieti di avere con noi gli eccellentissimi Vescovi emeriti, Mons. Rosario Mazzola e Mons. Francesco Sgalambro, ma impediti li riteniamo spiritualmente presenti.
Saluto voi carissimi presbiteri, religiosi, religiose, diaconi, operatori pastorali, associazioni di volontariato, popolo santo di Dio e vi ringrazio per la vostra presenza così significativa.
Saluto con particolare deferenza e gratitudine le autorità civili e militari, le istituzioni di ogni grado, sempre sensibili e attenti alle manifestazioni diocesane. Un particolare grazie, ancora, a quanti in spirito di collaborazione hanno garantito l’ordine pubblico.
Con l’apertura della prima Porta Santa nella Cattedrale di Bangui, Papa Francesco ha dato il via al Giubileo della Misericordia.
Nella capitale del Centrafrica, il Paese più povero del continente africano, sconvolto dalla guerra civile, un Papa per la prima volta nella storia apre l’Anno Santo fuori Roma.
Il gesto di Papa Bergoglio va oltre a un semplice omaggio reso alla Chiesa Africana e ci dice che ogni credente deve essere in qualche modo egli stesso una “Porta Santa”, capace di incarnare il volto della misericordia; è un gesto di implorazione perchè cessi ogni azione violenta, in particolare quella perpetrata in nome di una religione o di Dio stesso.
L’Anno Santo della misericordia è cominciato, dunque, in anticipo nelle periferie del mondo per continuare poi a Roma, centro della cristianità, e proseguire nelle propaggini Diocesane del mondo intero.Oggi, infatti, in tutte le diocesi del mondo ogni Vescovo nella sua Chiesa inizia il Giubileo della Misericordia.
Il Santo Padre ai Vescovi del Centrafrica, a conclusione del suo coraggioso viaggio, ha consegnato un ostensorio per l’adorazione Eucaristica, come a voler raccomandare che tutto il percorso dell’Anno Santo sia accompagnato da una incessante preghiera Eucaristica.
Da Bangui, questa poco conosciuta città Africana, trasformata in “capitale spirituale del mondo”, ci giunge un messaggio di pace, di coraggio, di riconciliazione, di misericordia e di dialogo.
Esponendosi personalmente ai rischi del conflitto in cui oggi si contrappongono cristiani e musulmani, il Papa ha voluto tenacemente testimoniare che le religioni non sono e non possono costituire un ostacolo per la pace, sono bensì una risorsa.
Disattendendo, così, raccomandazioni di tanti che avrebbero voluto dissuaderlo, ha dimostrato che la tenacia e la fede fugano ogni paura; è questo un messaggio forte per tutta l’Europa spaventata dalla violenza e dal terrorismo.
Aprendo la Porta Santa della nostra Cattedrale ci siamo sentiti accolti dall’abbraccio e dallo sguardo amorevole del Pantocratore che ripete a ciascuno di noi: “Io sono la porta se uno entra attraverso di me, sarà salvato” (Gv 10,9).
Come avete notato, ho aperto la porta della misericordia lasciandomi aiutare da due ospiti della Casa di accoglienza “Maria SS.di Gibilmanna” in Cefalù, Santino e Gaetano e da due bambini, Miriam e Domenico, perché tutti potessimo ricordare le parole di Gesù: “Se non diventerete come bambini non entrerete nel regno dei cieli”. (Mt 18,3)
Abbiamo attraversato la Porta come segno di accoglienza e di misericordia. Gesù è la Porta, Gesù ci accoglie, Gesù ci fa sperimentare il suo amore attraverso il suo sguardo e la tenerezza del suo volto. È proprio lo sguardo misericordioso di Gesù che è capace di trasformare la storia e dunque la nostra vita.
Quante volte Gesù in un incrocio di sguardi ha segnato la vita di un uomo: è la storia della chiamata di Matteo, la storia di Zaccheo, di Bartimeo, della Maddalena; è la storia dello stesso Pietro. La forza di amore del suo sguardo cambia la vita. Ci accompagna la consapevolezza che anche se non osassimo alzare gli occhi al Signore, lui ci guarda per primo.
L’apertura della Porta Santa certamente ci ha emozionato e l’abbiamo attraversata con il cuore colmo di gioia, ma per celebrare il Giubileo ci vuole ben altro che l’emozione di un giorno.
Attraversare la Porta presuppone un passaggio; è come passare all’altra riva, lasciando alle spalle tutto ciò che sa di povertà spirituale e di miseria. Varcare la porta è un traghettare sulla barca della misericordia per solcare il mare burrascoso della vita. Le scialuppe di salvataggio saranno i confessionali. La misericordia nella Chiesa trova la sua espressione sacramentale nell’umile confessione dei peccati e la riconciliazione con Dio e con i fratelli. Per questo il cuore del Giubileo è il sacramento della Penitenza.
Aprire una porta è un gesto tanto semplice quanto simbolico. Si apre per entrare, entrare in una nuova realtà per sperimentare la gioia dell’accoglienza e abbandonare ogni forma di paura e di timore. Entrare per sentirsi al sicuro.
Se hai attraversato la porta devi avere la piena consapevolezza che sei entrato in un’altra dimensione della tua vita, hai lasciato la vecchia strada e ne hai imbroccato una nuova: è la via della conversione e dell’amore.
La Chiesa non è un’associazione di perfetti, è una comunità di peccatori perdonati, di persone cioè che hanno conosciuto il fascino ingannevole del peccato, ma anche la gioiosa e liberante esperienza del perdono.
Il Giubileo è ricerca di conversione, è un pellegrinaggio percorso dentro la propria vita quotidiana, un percorso condotto con impegno, consapevolezza; è un cammino di revisione di vita.
Tutti invochiamo misericordia, ma invocando misericordia ci impegniamo a concederla agli altri.Vogliamo essere capaci di accogliere la grazia, ma nello stesso tempo essere promotori e artefici della Misericordia.
Misericordia è l’aspirazione che abita nel cuore di ogni uomo bisognoso di comprensione.
Misericordia è la speranza di essere amati per sempre nonostante il limite del nostro peccato.
Con l’apertura della Porta Santa abbiamo iniziato un lungo viaggio che durerà un anno. Ci saranno altre due Chiese giubilari in Diocesi: il Santuario di Gibilmanna e il Santuario dello Spirito Santo a Gangi.
È un evento di grazia che va vissuto insieme come comunità per non sentirsi navigatori solitari. La porta aperta non è solo invito a entrare ma è occasione privilegiata per creare rapporti, per fare famiglia, per vivere in comunione.
È una bella avventura da condividere, una camminata da fare insieme conversando di cose che possono cambiare la vita.
In questo cammino ci accompagna la Vergine Maria Madre del Salvatore e donna che fa Misericordia. L’icona che il diacono ha portato processionalmente rappresenta Maria invocata sotto il titolo di ELEÙSA, ossia Madre della Misericordia, cioè madre del Signore che è la Misericordia. È una icone costantinopolitana del secolo XII, a tempera su tavola, che, secondo la tradizione fu donata a Ruggero II da un monaco di Costantinopoli.
Un altro segno che richiama la redenzione operata da Cristo è l’antico calice che userò in questa celebrazione. È un calice particolare che rientra nella tipologia dei calici madoniti che sono contrassegnati da rilievi in argento che raffigurano dei cardi con le spine. Questi cardi reggono la coppa del vino consacrato, segno del sangue di Cristo che ha trasformato i rovi del nostro peccato, attraverso la sua misericordia, in esperienza di salvezza.
La liturgia di questa III Domenica di Avvento è consacrata alla gioia e assume il titolo di Domenica gaudete. È veramente sorprendente e ben si addice all’evento che stiamo celebrando, che tutt’intero il messaggio odierno è percorso e quindi caratterizzato da un fremito di letizia.
Sin dall’antifona di ingresso siamo insistentemente invitati alla gioia: “Rallegratevi nel Signore, ve lo ripeto, rallegratevi, il Signore è vicino” (Fil 4,4-5).
Il profeta Sofonia invita Israele alla gioia: “Rallegrati Figlia di Sion, non temere… il Signore ha revocato la tua condanna”. (3,14-15).La creatura è chiamata ad asciugare le lacrime del volto, a riprendere vigore e coraggio, abbozzare un sorriso; Dio vuole esultare e gioire con noi, non possiamo negargli questo gaudio; Dio danza di gioia per l’uomo.
Non possiamo consentire a nessuno che la tristezza del mondo si impossessi del nostro animo costringendoci a vivere da persone spente e demotivate.
Il Vangelo offre le motivazioni di questa gioia che Giovanni Battista propone alle diverse categorie sociali, le folle, i pubblicani, i soldati.
L’eterna domanda posta a Giovanni: “che cosa dobbiamo fare?”, attraversa la pagina del Vangelo di Luca. Questo interrogativo interpella ancora oggi la coscienza di ogni uomo: “Cosa dobbiamo fare?”.
Nella risposta del Battista c’è un programma di vita; il Profeta ci invita a sostituire la logica del potere e della sopraffazione con quella della solidarietà e della carità: dar da mangiare a chi non ne ha e di che vestirsi a chi ne è sprovveduto. In un mondo in cui la brutalità dei potenti era dilagante, il Battista invita alla mitezza, a non estorcere, ad accontentarsi di quello che abbiamo.
Le esortazioni di Giovanni sembrano perfettamente ritagliate sulla situazione sociale di oggi. E noi cosa dobbiamo fare per vivere bene questo anno di grazia che il Signore snoda sul nostro cammino? Occorre combattere e ribaltare ogni stortura e tornare al Vangelo. Occorre lasciarsi catturare dall’amore e dalla misericordia di Dio nell’adempimento delle opere di misericordia corporali e spirituali. Non per nulla il logo scelto per l’Anno Santo è un impegno a fare nostra la misericordia del buon samaritano.
Incamminiamoci, dunque, sulla strada di una conversione sincera e concreta e allora sì, la nostra gioia sarà piena e contagiosa.
In questo clima di festa vi annuncio che il prossimo 21 gennaio, in questa Basilica Cattedrale, presiederò il Rito di Consacrazione nell’Ordo Virginum,  in cui una nostra sorella di Castelbuono si impegnerà a vivere la Verginità per il Regno dei cieli, l’accompagniamo fin da subito con la nostra preghiera e vi invito a essere presenti per vivere un momento ecclesiale sotto l’azione dello Spirito con il ritorno all’attualità della forma di consacrazione femminile più antica della Chiesa.
Mi piace concludere con la preghiera del Vescovo Baldovino di Canterbury:
Togli via da me, o Signore, questo cuore di pietra. Strappami questo cuore raggrumato. Distruggi questo cuore non circonciso. Dammi un cuore nuovo, un cuore di carne, un cuore puro! Tu, purificatore di cuori e amante di cuori puri, prendi possesso del mio cuore, prendivi dimora. Abbraccialo e contentalo. Sii tu più alto di ogni mia sommità, più interiore della mia stessa intimità. Tu, esemplare di ogni bellezza e modello di ogni santità, scolpisci il mio cuore secondo la tua immagine; scolpiscilo col martello della tua misericordia, Dio del mio cuore e mia eredità, o Dio, mia eterna felicità. Amen (cfr. Sal 72,26).

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