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III Domenica del T. O. " L'OMELIA di Gesù" … Egli non spiega , … non usa parole … ma proclama che in Lui “ OGGI” Dio ha parlato e ha realizzato la sua Parola.

Gesù nella Sinagoga DLuca è molto attento a testimoniare la presenza dello Spirito di Dio in Gesù. Gesù – che è la Parola di Dio (cf. Gv 1,1) – e lo Spirito santo sono “compagni inseparabili” (Basilio di Cesarea), dunque dove Gesù parla e agisce là c’è anche lo Spirito.
[…]  Con questa insistenza Luca è intenzionato a far comprendere al lettore che Gesù è “ispirato”, che la sua sorgente interiore, il suo respiro profondo è lo Spirito di Dio, il Soffio del Padre. Non è un profeta come gli altri, sui quali lo Spirito scendeva momentaneamente, perché in lui lo Spirito riposava, dimorava (cf. Gv 1,32) , lo riempiva di quella forza (dýnamis) che non è potere, ma partecipazione all’azione e allo stile di Dio.
[…] nel suo ritorno alla “Galilea delle genti” (Mt 4,15; Is 8,23) – terra periferica e impura – Gesù, per iniziare la sua missione non sceglie né Gerusalemme, né il Tempio , ma “ la sinagoga”  .. umile sala in cui si riunivano i credenti per ascoltare le sante Scritture e offrire il loro servizio liturgico al Signore. [ E Bianchi ]
Nella liturgia sinagogale c’era – come da noi – un ciclo triennale di letture. Si iniziava con un salmo, il salmo 92, poi c’era la lettura di brani della Legge, dal libro del Deuteronomio, e poi si terminava con quella che era la lettura del saluto, la lettura di un profeta.
 Gesù si alza per leggere; gli fu dato il rotolo del profeta Isaìaquel sabato toccava leggere questo profeta, –  ma Gesù qui fa una prima trasgressione; scrive l’evangelista: aprì il rotolo e trovò ( la traduzione più esatta è “cercò” – da eurisko, ). Gesù non segue la liturgia di quel  giorno, ma va in cerca di un brano particolare:  il capitolo 61 del profeta Isaia, [ che non si concludeva  con … proclamare l’anno di grazia, versetto col quale Gesù termina la proclamazione, riavvolge e riconsegna il rotolo ]   … Gesù, cosa che non poteva essere fatta,  interrompe la lettura perché il versetto continuava con quella che era l’attesa del popolo: il giorno di vendetta del nostro Dio.
E’ questo che la gente s’attendeva, ma  Gesù non è d’accordo con Isaia. Da parte di Dio c’è soltanto una parola d’amore, di grazia, ma non di vendetta. La tensione è al massimo.
…. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui, e  Gesù  continua dicendo loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». ( A Maggi )
  [ E’ questa  ”l’omelia di Gesù “  …  Egli non spiega , … non usa parole … ( A. Mazzola) ] ma proclama che in LuiOGGI” Dio ha parlato e ha realizzato la sua Parola.
Oggi, perché quando un ascoltatore accoglie la parola di Dio, è sempre oggi: è qui e adesso che la parola di Dio ci interpella e si realizza. Non c’è spazio alla dilazione: oggi!
È proprio Luca a forgiare questa teologia dell’“oggi di Dio”.
Oggi è per ciascuno di noi sempre l’ora per ascoltare la voce di Dio, per non indurire il cuore (cf. Sal 94,8) e poter così cogliere la realizzazione delle sue promesse. La parola di Dio nella sua potenza risuona sempre oggi, e “chi ha orecchi per ascoltare, ascolti” (Lc 8,8; cf. Mc 4,9; Mt 13,9).
Oggi si ascolta e si obbedisce alla Parola o la si rigetta; oggi si decide il giudizio per la vita o per la morte delle nostre vicende; oggi è sempre parola che possiamo dire come ascoltatori autentici di Gesù: “Oggi abbiamo visto cose prodigiose” (Lc  5,26). E possiamo dirla anche dopo un passato di peccato: ( E. Bianchi )  “Oggi ricomincio”, perché la vita cristiana è andare “di inizio in inizio attraverso inizi che non hanno mai fine” (Gregorio di Nissa).
Gesù è dunque il profeta atteso e annunciato dalle sante Scritture, ma questo egli non lo dice mai apertamente, bensì lascia ai suoi ascoltatori di comprendere la sua identità a partire dalle azioni che compie: essere buona notizia per i poveri, essere liberatore per chi si sente incatenato, essere occhio per chi è cieco, essere perdono per chi ha peccato, essere annunciatore dell’amore gratuito di Dio, amore che non si deve mai meritare.
Quando, leggendo questa pagina evangelica, mi colloco nella sinagoga di Nazaret in ascolto di Gesù, mi chiedo: avrei accolto le sue parole? Ci sarebbe stato per me un oggi di Dio? Oppure, come ancora tante volte mi capita, Dio mi rivolge la sua parola e io non la ascolto, preferendo lamentarmi di lui che fa silenzio, che è muto, che si nasconde, piuttosto di riconoscere che io, oggi, sono sordo e con il cuore indurito? Il Signore abbia oggi misericordia di me. ( E Bianchi )
…Non possiamo pretendere, seduti nei nostri scranni, negli uffici vaticani, di dire che cosa è la liberazione, perché c’è un punto archimedico su cui dobbiamo poggiare ed è il rapporto non alienabile fra la coscienza che vive e la parola.
Questo è un rapporto che non può subire intercettazioni. E invece le abbiamo fatte! Non dobbiamo insegnare ai poveri cosa vuol dire liberarsi, sono loro che ce lo devono insegnare.
È la loro coscienza che dobbiamo rispettare quando ascolta la parola di Dio, che decide, non noi per loro.
Il disprezzare le coscienze in ragione dell’efficacia degli obiettivi porta con sé, per un errore di partenza, conseguenze ultime terribili.
Non si fa la rivoluzione imponendola, occorre che essa scaturisca dal dilagare di una convinzione, della libertà cioè.
[…]  Quello che conta è costruire un nostro progetto di vita secondo l’imperativo della liberazione.
Se un credente accetta questo sa come fa a trovare Dio. Non leggendo libri ma arrotolandoli e mettendosi di fronte a coloro che attendono perché hanno gli occhi fissi su di noi.
Noi che diamo? Che facciamo?   Predichiamo, mandiamo editti ma non facciamo.
Dobbiamo assumerci il destino di coloro che attendono la liberazione: questo è ciò che Gesù chiede.
[…]  non dobbiamo leggere i libri, come rischiava di fare la comunità di Esdra, sentendo il calore di essere un popolo; dobbiamo pensare a coloro che non hanno nessun calore, che non sono un popolo.
 Dobbiamo leggere queste cose avendo in mente una specie di mappa fissa che è il mondo intero, altrimenti sbagliamo.   [Ernesto Balducci – da: “Il tempo di Dio”(1992)]

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