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XXXIII Domenica del T.O. – Per andare avanti e crescere nel cammino della vita, non bisogna avere paura, bisogna avere fiducia.

La parabola dei talenti .. non è un’esaltazione, un applauso all’efficienza, non è un’apologia di chi sa guadagnare profitti, non è un inno alla meritocrazia, ma è una vera e propria contestazione verso il cristiano che sovente è tiepido, senza iniziativa, contento di quello che fa e opera, pauroso di fronte al cambiamento richiesto da nuove sfide o dalle mutate condizioni culturali della società.
La parabola non conferma neppure “l’attivismo pastorale” di cui sono preda molte comunità cristiane, molti “operatori pastorali” che non sanno leggere la sterilità di tutto il loro darsi da fare, ma chiede alla comunità cristiana consapevolezza, responsabilità, laboriosità, audacia e soprattutto creatività. Non la quantità del fare, delle opere, né il guadagnare proseliti rendono cristiana una comunità, ma la sua obbedienza alla parola del Signore che la spinge verso nuove frontiere, verso nuovi lidi, su strade non percorse, lungo le quali la bussola che orienta il cammino è solo il Vangelo, unito al grido degli uomini e delle donne di oggi quando balbettano: “Vogliamo vedere Gesù!” (Gv 12,21).
Leggiamo allora con intelligenza questa parabola la cui prospettiva – lo ripeto – non è economica né finanziaria; essa non è un invito all’attivismo ma alla vigilanza che resta in attesa, non contenta del presente ma tutta protesa verso la venuta del Signore
Al di là della immagine della parabola cerchiamo di capire cosa sono i talenti
Secondo Ireneo di Lione è la vita accordata da Dio a ogni persona. …Secondo altri padri orientali, i talenti sono le parole del Signore affidate ai discepoli perché le custodiscano, certo, ma soprattutto le rendano fruttuose nella loro vita, le mettano in pratica fino a seminarle copiosamente nella terra che è il mondo. … (E. Bianchi )
Don G. Dossetti in una omelia a Gerico nel 1975 diceva “ …Il talento nel suo bene ultimo è il Figlio suo comunicato nella misura di fede che ci è data di Lui. … il talento che Dio consegna è la misura di fede che è nel suo nucleo il Cristo. Quindi bisogna trafficare questa fede. È la confessione del Cristo che genera la fede; è la fede che guadagna la fede. Un contenuto di questa parabola, dato il posto in cui si situa, è fare crescere in noi la fede generando atti di fede e più specificatamente nella sua punta, la fede nel ritorno di Cristo. Questa interpretazione mi sembra sia una specificazione più legittima delle forme generiche usate ( D. Giuseppe Dossetti )
Il cardinale Martini ( a proposito dei talenti che danno frutto ) osserva che “ Questa società dispone di talenti singoli e in essi leggiamo i nomi specifici dei beni di interesse pubblico, che il servitore è chiamato a utilizzare. Sono beni come la sanità, l’istruzione, l’ordine pubblico, l’ordine internazionale (cioè la promozione della pace e la rimozione della guerra) ecc.
…Non serve considerare ogni talento per conto suo; ciò che importa è ottenere una somma di beni e di servizi che si aiutino reciprocamente per un risultato complessivo.
L’uso spericolato e slegato di un talento, senza tener conto degli altri, può produrre vantaggi immediati e tuttavia alla fine danneggia l’insieme e logora la libertà e il profitto che sembrava volesse perseguire. Un talento che va per conto suo è dunque sprecato. ( C.M. Martini )
Colpisce l’espressione del servo che ha ricevuto u solo talento: “«Signore, io so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra» (vv. 24-25).
Questo servo non ha col suo padrone un rapporto di fiducia, ma ha paura di lui, e questa lo blocca. La paura immobilizza sempre e spesso fa compiere scelte sbagliate. La paura scoraggia dal prendere iniziative, induce a rifugiarsi in soluzioni sicure e garantite, e così si finisce per non realizzare niente di buono. Per andare avanti e crescere nel cammino della vita, non bisogna avere paura, bisogna avere fiducia.
Questa parabola ci fa capire quanto è importante avere un’idea vera di Dio. Non dobbiamo pensare che Egli sia un padrone cattivo, duro e severo che vuole punirci. Se dentro di noi c’è questa immagine sbagliata di Dio, allora la nostra vita non potrà essere feconda, perché vivremo nella paura e questa non ci condurrà a nulla di costruttivo, anzi, la paura ci paralizza, ci autodistrugge. Siamo chiamati a riflettere per scoprire quale sia veramente la nostra idea di Dio.
Già nell’Antico Testamento Egli si è rivelato come «Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà» (Es 34,6).
E Gesù ci ha sempre mostrato che Dio non è un padrone severo e intollerante, ma un padre pieno di amore, di tenerezza, un padre pieno di bontà. Pertanto possiamo e dobbiamo avere un’immensa fiducia in Lui.
Gesù ci mostra la generosità e la premura del Padre in tanti modi: con la sua parola, con i suoi gesti, con la sua accoglienza verso tutti, specialmente verso i peccatori, i piccoli e i poveri – come oggi ci ricorda la 1ª Giornata Mondiale dei Poveri –; ma anche con i suoi ammonimenti, che rivelano il suo interesse perché noi non sprechiamo inutilmente la nostra vita. È segno infatti che Dio ha grande stima di noi: questa consapevolezza ci aiuta ad essere persone responsabili in ogni nostra azione. Pertanto, la parabola dei talenti ci richiama a una responsabilità personale e a una fedeltà che diventa anche capacità di rimetterci continuamente in cammino su strade nuove, senza “sotterrare il talento”, cioè i doni che Dio ci ha affidato, e di cui ci chiederà conto. . ( Papa Francesco)

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