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XXIV DOMENICA del T.O. – Perdonare non è soltanto una cosa di un momento, è una cosa continua contro questo rancore, questo odio che torna.

Le parole iniziali della  PRIMA  LETTURA mettono in luce il significato disastroso che può scaturire dal rancore e dall’ira che   sono  condizioni dello stato d’animo distruttivo della persona, del rapporto interpersonale e sociale che suscitano separazione, divisione, isolamento, e sono classificate come “cose orribili”  che c “il peccatore  porta dentro”. A causa della devastazione del mondo interiore, egli concede diritto di cittadinanza a “cose orribili”.  Rancore e ira creano dipendenza, schiavitù di morte, in termini di vuoto, non senso, sconvolgimento, disagio e insicurezza del mondo interiore, accompagnato dall’inefficacia, sterilità e insoddisfazione delle proprie azioni e comportamenti.  

L’antidoto è la memoria: “ricordati della fine e smetti di odiare (…) resta fedele ai comandamenti”.

Nella SECONDA LETTURA  «l’atteggiamento che Paolo vuole sottolineare è proprio l’atteggiamento dell’inclusione» , infatti  l’apostolo «vuole siano inclusivi, includiamo tutti, come ha fatto il Signore. … [ Escludere ] « è la radice di tutte le guerre: tutte le calamità, tutti i conflitti incominciano con un’esclusione». Invece «la strada che ci fa vedere Gesù, e ci insegna è tutt’altra, è contraria all’altra: includere». ( Papa Francesco ]

Nella parabola che leggiamo nel VANGELO di oggi, quella del re misericordioso (cfr Mt 18,21-35), troviamo per due volte questa supplica: «Abbi pazienza con me e ti restituirò» (vv. 26.29). La prima volta è pronunciata dal servo che deve al suo padrone diecimila talenti, una somma enorme, oggi sarebbero milioni e milioni di euro. La seconda volta viene ripetuta da un altro servo dello stesso padrone. Anche lui è in debito, non verso il suo padrone, ma verso lo stesso servo che ha quel debito enorme. E il suo debito è piccolissimo, forse come lo stipendio di una settimana.

Il cuore della parabola è l’indulgenza che il padrone dimostra verso il servo con il debito più grande. … Un debito enorme, dunque un condono enorme! Ma quel servo, subito dopo, si dimostra spietato con il suo compagno, che gli deve una somma modesta. …

Nella parabola, troviamo due atteggiamenti differenti: quello di Dio – rappresentato dal re – che perdona tanto, perché Dio perdona sempre, e quello dell’uomo. Nell’atteggiamento divino la giustizia è pervasa dalla misericordia, mentre l’atteggiamento umano si limita alla giustizia. Gesù ci esorta ad aprirci con coraggio alla forza del perdono, perché nella vita non tutto si risolve con la giustizia lo sappiamo.

C’è bisogno di quell’amore misericordioso, che è anche alla base della risposta del Signore alla domanda di Pietro che precede la parabola. Nel linguaggio simbolico della Bibbia [perdonare settanta volte sette ] significa che noi siamo chiamati a perdonare sempre!

Quanta sofferenza, quante lacerazioni, quante guerre potrebbero essere evitate, se il perdono e la misericordia fossero lo stile della nostra vita! …

… Perdonare non è soltanto una cosa di un momento, è una cosa continua contro questo rancore, questo odio che torna.

La parabola di oggi ci aiuta a cogliere in pienezza il significato di quella frase che recitiamo nella preghiera del Padre nostro: «Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori» (Mt 6,12). Queste parole contengono una verità decisiva. Non possiamo pretendere per noi il perdono di Dio, se non concediamo a nostra volta il perdono al nostro prossimo… Se non ci sforziamo di perdonare e di amare, nemmeno noi verremo perdonati e amati.  ( Papa Francesco)

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