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Omelia Messa Crismale del nostro Vescovo Vincenzo

Manzella storyLa Messa Crismale di quest’anno assume un tono particolare perchè la celebriamo nel segno del Giubileo straordinario della misericordia che ci vede tutti coinvolti a tenere spalancata la porta del nostro cuore e a vivere nello spirito del buon samaritano.
Saluto tutti affettuosamente e vi ringrazio per la vostra presenza così significativa. Saluto voi carissimi presbiteri che celebrate assieme a me il giorno più caro per il nostro sacerdozio; saluto voi religiosi, religiose, diaconi, seminaristi, giovani e ragazzi che vi preparate alla cresima, popolo santo di Dio.
Nella Sinagoga di Nazareth quanti hanno ascoltato Gesù che ha proclamato la pagina del Profeta Isaia, rivolgono a lui lo sguardo: “gli occhi di tutti erano fissi su di lui” (Lc 4,20).
Quello sguardo fisso su Gesù invita tutti noi in questa Messa Crismale a rivolgere il nostro sguardo a Cristo Pantocratore.
Come Chiesa riunita attorno al suo Vescovo e al suo presbiterio, mentre i nostri occhi contemplano la soavità del volto di Cristo, percepiamo che sono i suoi occhi a rimanere fissi su di noi come a volerci portare indietro negli anni quando con sguardo di predilezione ci sceglieva per metterci alla sua sequela e al suo servizio.
Ci sentiamo guardati e amati da lui. Uno sguardo, quello di Cristo, che si posa su ciascuno di noi in modo diverso, secondo la storia di ognuno e la varietà dei carismi.
Con lo sguardo di Cristo e nello sguardo di Cristo la nostra Chiesa è chiamata a restituire lo sguardo misericordioso di Dio ai poveri, agli ultimi, a quanti soffrono nel corpo e nello spirito.
Oggi lo spirito ci ha condotti qui in questa nostra Cattedrale come per un bisogno di tornare alle origini per ricominciare con lo slancio e l’entusiamo degli inizi.
Mi rivolgo soprattutto a voi carissimi sacerdoti e assieme a voi rendo grazie a Dio per il dono ricevuto e per la ricchezza delle promesse fatte nel giorno dell’Ordinazione sacerdotale.
Rinnoveremo le nostre promesse e in quel “sì, lo voglio” vogliamo non solo riaffermare la fedeltà alla sequela ma vogliamo riscoprire tutta la freschezza e la gioia di esserci consacrati a lui.
Tutto questo lo faremo davanti al popolo santo di Dio, perchè sia tutto il popolo ad implorare per noi fedeltà e perseveranza, rettitudine di cuore e totale dedizione.
Il popolo santo di Dio prenda a cuore il ministero dei propri pastori e si senta responsabilizzato e coinvolto nel custodire la nostra vita sacerdotale e i nostri impegni.
Per un solo momento riprendo per voi e per me, carissimi sacerdoti, l’immagine dello sguardo. L’origine del nostro sacerdozio ci rimanda a quello sguardo di Gesù che si è posato su di noi in modo specialissimo. Guardati da lui, teniamo fisso il nostro sguardo su colui che porta a compimento la sua opera in noi.
Rimanere nel suo sguardo soprattutto nei momenti di stanchezza, di delusione, ci difenderà da tante distrazioni che molto spesso rischiano di offuscare la nostra esistenza sacerdotale.
“Guardate a lui e sarete raggianti, non saranno confusi i vostri volti”: così ci esorta il salmista nel salmo 34, 6. Ma soprattutto così mi pare di intuire che la gente si attenda da noi. La gente vuole incontrare nel nostro sguardo, lo sguardo di Gesù.
Durante il recente viaggio in Africa, nel novembre scorso, Papa Francesco ha incontrato più volte i sacerdoti. E in tutte le occasioni, anziché leggere il discorso scritto, ha preferito parlare con il cuore a braccio cavalcando lo sguardo di Gesù.
A Nairobi, in Kenia, in particolare il suo discorso, sempre a braccio, è apparso come una summa di indicazioni per quanti hanno intrapreso la via del sacerdozio.
Innanzitutto, ha sottolineato, che la vocazione è iniziativa di Dio. Il Signore ci ha scelti. Lui ha iniziato la sua opera in noi il giorno in cui ci ha guardato nel battesimo, il giorno in cui ci ha guardato e ci ha detto: “se hai voglia vieni con me”. E allora ci siamo messi in fila e abbiamo cominciato il cammino. Ma in verità il cammino lo ha iniziato lui con noi . È sempre lui che chiama, è lui che comincia, è lui che fa il lavoro.
Si diventa preti non per interesse. Il Papa mette in guardia quelli che vogliono seguire il Signore per qualche interesse. È la tentazione di seguire Gesù per ambizione. Nella sequela di Gesù non c’è posto per la propria ambizione, né per essere una persona importante nel mondo. Lasciarsi scegliere da Gesù è lasciarsi scegliere per servire il popolo di Dio e non per essere servito. La Chiesa è un mistero: è il mistero dello sguardo di Gesù su ognuno di noi a cui dice: “seguimi!”. É chiaro evidentemente che quando Gesù ci sceglie non ci “canonizza”. Continuiamo ad essere gli stessi peccatori. Il Papa ha ricordato che perfino Pietro rinnegò Gesù, poi si riconobbe peccatore, incrociò lo sguardo di Gesù, si pentì e pianse.
Piangere dunque è importante per un sacerdote. Quando a un sacerdote si seccano le lacrime c’è qualcosa che non funziona. Piangere per le proprie infedeltà, piangere per la gente che è scartata, piangere per il dolore del mondo; piangere è sempre una forte emozione che è segno di vita.
Il Papa poi procede sempre a braccio con una raccomadazione insistendo sull’importanza della preghiera. Mai allontanarsi da Gesù. Un sacerdote che non prega è un’anima brutta! Perdonatemi, ma è così. A questo punto il Papa ha invitato i sacerdoti ad un esame di coscienza: quanto tempo dedico alla televisione, al cellulare, al computer a discapito della preghiera?
Il Santo Padre conclude il suo intervento con un caloroso e affettuoso grazie a tutti i sacerdoti per il prezioso ministero che svolgono: “grazie per avere il coraggio di seguire Gesù, grazie per ogni volta che vi sentite peccatori, grazie per ogni carezza di tenerezza che date a quelli che ne hanno bisogno, grazie per tutte le volte in cui avete aiutato le persone a morire in pace, grazie per tutte le volte che date speranza nella vita, grazie perchè vi siete lasciati aiutare, correggere e perdonare ogni giorno”. La gratitudine del Papa è la mia gratitudine.
Un’ultima riflessione sullo sguardo. Vivere guardando a lui deve far si che ci guardiamo anche diversamente tra noi. Se l’origine fondamentale della nostra fraternità è il suo sguardo posato sulla nostra umanità, se siamo figli di questo stesso sguardo di misericordia, dobbiamo imparare a guardarci con occhi nuovi, a stimarci e a sorreggerci gli uni gli altri.
Nessuna comunità presbiterale è perfetta ma ciascuno di noi ha la responsabilità di dare il suo contributo per costruirla e ricostruirla ogi giorno. Il nostro ministero è autentico nella misura in cui ciascuno agisce come parte di un corpo che è il corpo sacerdotale unito al suo Vescovo.
Oggi noi siamo venuti qui per affermare e consolidare il nostro esserci da sacerdoti a servizio della Chiesa. Vana sarebbe la nostra opera, per quanto possa essere preziosa agli occhi degli uomini, se portata avanti da condottieri solitari. A volte ci perdiamo nei meandri delle nostre solitarie avventure credendo di essere eroi di una esistenza che solo noi abbiamo capito e solo noi possiamo vivere fino in fondo.
Non è così, carissimi fratelli sacerdoti, non può essere così! Siamo chiamati oggi a ritornare alle sorgenti della vera comunione, siamo chiamati a ricominciare insieme perchè noi siamo tatuati nelle mani di Dio, come dice il profeta Isaia: “Io non mi dimenticherò mai di te perchè ti ho tatuato nelle mie mani”.
Consacrando gli oli vogliamo consacrare i segni di questo tatuaggio. Ciascuno di noi ha ricevuto il sigillo dello Spirito Santo con l’olio consacrato, il crisma. Oggi tutti possiamo ripetere: “Il Signore mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato…”. Noi siamo tatuati nel cuore di Dio. Noi tatuati nello spirito e nella carne perchè segnati con il sacro crisma, siamo chiamati a riconsacrare la storia per offrirla trasfigurata a Dio.
Siamo chiamati ad essere strumenti della misericordia nell’esercizio del sacramento della riconciliazione.
Anche voi carissimi fedeli laici, popolo santo di Dio, siete tatuati perchè segnati con gli oli della messa crismale il giorno del vostro battesimo e della vostra cresima.
Nell’arco della nostra vita la Chiesa, attraverso il ministero sacerdotale, ci accompagna nel nostro cammino con i segni sacramentali. Dalla culla alla tomba veniamo segnati con gli oli consacrati nella messa Crismale: l’olio dei catecumeni che precede il battesimo, il sacro crisma che profuma la nostra esistenza di credenti e l’olio degli infermi a conforto della nostra sofferenza.
Mi piace concludere ricordando alcuni giubilei sacerdotali che ricorrono quest’anno: il 60° di ordinazione sacerdotale di don Vincenzo Corsello e il 50° di ordinazione sacerdotale dei reverendi Calì, Cortina, Scelsi e Di Gangi Domenico. Li raccomandiamo al Signore con i migliori auguri ricordando anche con gratitudine e affetto i presbiteri anziani e quelli sofferenti impossibilitati ad essere presenti in mezzo a noi.
Se poi lo riterrete opportuno ricordatevi anche di me che quest’anno, il prossimo 29 giugno, compio 25 anni di episcopato.
A Maria SS. di Gibilmanna, patrona della nostra Diocesi affidiamo il nostro ministero e la nostra Chiesa. Sia lei a sostenerci nel nostro cammino e ad intercedere per noi presso il suo figlio Gesù.
A lui, sommo ed eterno sacerdote, gloria e potenza nei secoli dei secoli. Amen (Ap 1,6).

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