Al Sisi condanna a morte 75 persone
Inflessibile il regime di Al Sisi, I giudici egiziani ieri hanno condannato a morte 75 persone e a pesanti pene detentive oltre 600 per il lungo sit del 14 Agosto 2013 durante il quale furono massacrati dalla polizia oltre 700 manifestanti sostenitori di Mohamed Morsi. Quest’ultimo, capo del Partito Libertà e Giustizia (il partito dei Fratelli Musulmani), è stato presidente dal 30 giugno 2012 al 3 luglio 2013, giorno in cui fu deposto da un colpo di stato militare. Si tratta del più alto numero di condanne a morte in un solo processo.
Decisi anche 47 ergastoli.
Quello appena concluso è chiaramente un “ processo” alle vittime e non agli autori della strage.
Il regime sostiene di aver affrontato in quei giorni una ”minaccia armata” e inizialmente aveva denunciato l’uccisione di 40 agenti di polizia. Poi i poliziotti uccisi sono scesi a otto. Nessun membro delle forze di sicurezza in ogni caso è stato condannato, e forse neppure indagato, per il massacro dei civili riuniti nella piazza che el Sisi e gli altri generali golpisti decisero di “evacuare” ad ogni costo.
Che la magistratura egiziana è serva del regime lo prova il terribile assassinio di Giulio Regeni. A due anni dalla sua tremenda morte il regime, tra depistaggi e piste false, continua a fare “ melina” nella speranza che pian piano l’indignazione italiana si spenga confidando che la famiglia Regeni e gli italiani rinuncino a conoscere la verità.
Da quando è diventato presidente nel 2014 – al termine di una campagna elettorale senza veri avversari – el Sisi e i suoi giustificano la repressione con la necessità di combattere il “terrorismo”, per mettere a tacere chi non è allineato al regime.
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