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Preti anziani: un “peso” o un “dono”?

E’ terribile percepire come spesso il prete anziano venga considerato un impaccio, un problema .. non si sa dove metterlo.. .

 Ancora più terribile è quando solo  l’età anagrafica segna lo spartiacque oltre il quale non è più possibile proseguire una “ attività” che ancora è pensabile svolgere con la stessa passione e lo stesso entusiasmo.

 Questa l’esortazione che  il consiglio presbiterale della diocesi di Roma rivolgeva pochi anni fa :

«A te, che hai ricevuto la grazia dell’età anziana, sia riservata la gratitudine per la fedeltà alla vocazione per quanto hai operato. I confratelli più giovani costruiscano su ciò che tu hai edificato.Considerati sempre una risorsa e una riserva di esperienza, e allontana la tentazione di sentirti un peso. La diocesi si affida alla tua preghiera. Se sei in grado di prestare ancora il servizio pastorale, proporzionato alle tue forze fisiche, sappi che troverai accoglienza e affetto»

Una delle problematiche del sacerdote anziano è la  percezione di un improvviso senso di solitudine.

..È una solitudine amara  ..   che si avverte soprattutto  quando sembra che nessuno più  comprenda veramente o sia capace di un minimo di gratitudine per quello che si è o che si è fatto..

È la solitudine  percepita e sussurrata dai  pregiudizi di alcuni, o dalla malevolenza di altri – a volte anche dello stesso mondo ecclesiastico …

Nel racconto della creazione dell’uomo,  dove viene narrato il  profondo senso di solitudine vissuto da Adamo,  possiamo supporre che, anche se Dio stesso era con lui – e lo è tuttora con ogni uomo – la presenza di Dio non colmava totalmente la sua solitudine  quasi a significare che il senso di solitudine dell’uomo esiste nonostante la sua fede nell’onnipresenza di Dio.

Di fatto, l’uomo ha sempre bisogno degli altri uomini. Tuttavia il senso di solitudine è talvolta più complesso ed esiste indipendentemente dalla semplice presenza delle persone.

Dipende da qualcosa di più profondo, cioè dalla qualità del rapporto che si riesce a stabilire con gli altri. Infatti si può avvertire la solitudine anche in mezzo alla folla quando non si sono stabiliti rapporti personali.

 Il senso di solitudine può determinare un senso di tristezza, di amarezza e di abbandono, una certa alienazione quando ci si aspetta qualcosa dall’altro …. o, peggio ancora,  quando , forse in maniera distorta, si percepisce che per l’altro sei  soltanto ingombrante !!!

Il sentirsi abbandonato, dimenticato, sopportato, genera nella coscienza reazioni depressive e così insorgono  un senso di desolazione e di vuoto, di amarezza, di rinuncia che innescano inevitabilmente un senso di scoraggiamento e di frustrazione soprattutto quando ritornano i scarsi risultati, se non addirittura i fallimenti del ministero sacerdotale e riaffiorano le speranze e i desideri incompiuti.

E’ il momento terribile e allo stesso tempo fondamentale del deserto: luogo dell’incontro…dove ci si può perdere o essere visitati dall’Amato che viene a  trasformare  ogni tormento e desolazione in splendore e bellezza.

“Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro”. “Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’” (Mc 6,31).

“Beati coloro che riescono a leggere il proprio vissuto come un dono di Dio, non lasciandosi andare a giudizi negativi sui tempi vissuti o anche sul tempo presente in confronto con quelli passati! “( C. M. Martini ..” Qualcosa di così personale”)

 

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