VIII Domenica del T.O. – Nella comunità di Gesù c’è una sola guida e un solo maestro: il Cristo.
La PRIMA LETTURA sottolinea che la parola nasce dalla riflessione e si esprime nella conversazione. Essa pertanto passa attraverso un processo, che ha come origine il cuore, processo che è tuttavia soggetto a una lavorazione che nei libri sapienziali è chiamata «disciplina» (e che oggi chiameremmo «cultura»). La Scrittura non conosce processi spontanei, ma cammini guidati … perché chi è inesperto possa giungere alla «sapienza del cuore.» Su questa sapienza acquisita attraverso un rapporto assiduo con la Parola di Dio si fonda pure l’Evangelo.
Nella SECONDA LETTURA i richiami a Is 25,8 (Eliminerà la morte per sempre ) e Osea 13,14 (Dov’è, o morte, la tua peste? Dov’è, o inferi, il vostro sterminio?). Assieme ai risorti, rivestiti d’incorruttibilità e d’immortalità, il Cristo grida alla morte la sua sconfitta. Fin d’ora essa si è trasformata per i redenti non più come un incubo ma come una gioia profonda nell’incontro con Cristo. «Il solo e vero peccato è rimanere insensibili alla resurrezione» diceva Isacco il Siro. La morte ci teneva schiavi tramite il peccato che « guadagna la sua forza principalmente attraverso la legge. I divieti della legge sono le occasioni di peccato, perché ci impegniamo sempre dietro ciò che è proibito e desideriamo quello che ci è negato. (Cfr. Teodoreto, Teofilatto, Ambrogio, Anselmo)».
Avendo questa speranza nella futura risurrezione, ora che siamo in questo corpo mortale, non lasciamoci trascinare dalle seduzioni del peccato ma rimaniamo saldi e irremovibili nella fede apostolica, progredendo sempre più nell’opera del Signore.
L’ammonimento iniziale del VANGELO è chiaro e certamente indirizzato a ogni discepolo tentato di non riconoscere le proprie incapacità, i propri errori, eppure abitato dalla pretesa di voler insegnare agli altri.
Gesù mette in guardia i suoi discepoli da quei rischi sempre presenti in ogni comunità di mettersi a fare la guida e il maestro degli altri. No, nella comunità di Gesù c’è una sola guida e un solo maestro: il Cristo. La sola pretesa di essere la guida dell’altro rende cieca la persona. La pretesa di essere guida, maestro dell’altro può portare a correggere quelle che Gesù dice sono delle minuzie e il fatto che tu pretendi di correggere l’altro è perché hai una trave conficcata nel tuo occhio; trave che significa una presunzione, un senso di superiorità; che Gesù definisce una ipocrisia. La volontà di “ togliere la trave dal proprio occhio “ è quello che definiamo correzione fraterna, e quando uno è riuscito a togliersi la trave che ha conficcato nell’occhio gli passa la voglia di andare a cercare le pagliuzze negli occhi dei fratelli.
Alla fine del brano odierno Gesù da un criterio per per verificare l’autenticità di un discepolo: « Non vi è albero buono che produca frutti cattivi » Quindi il criterio dell’autenticità non è la dottrina, l’ortodossia, ma il frutto che si produce. Se uno stile di vita, se un messaggio produce vita, arricchisce la vita degli altri viene senz’altro da Dio perché Dio è l’autore della vita. Chi si alimenta di bene inevitabilmente produce il bene per gli altri. Ma quello che dice “Signore Signore”, cioè perfetta dottrina, perfetta ortodossia, ma poi non fa quello che dice Gesù per Gesù è una persona inutile. ( Tratto da E. Bianchi e A. Maggi )
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