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Ascensione del Signore – Gesù ritornando al Padre … nell'atto stesso in cui sembra allontanarsi … in realtà si fa massi­mamente intimo a noi e noi diventiamo massimamente intimi a lui.

Ascensione del SignoreNella fantasia degli artisti, ma anche di molti fedeli, la scena dell’Ascensione di Cristo ha i contorni che un poeta agnostico come il francese Apollinaire così cantava nella poesia Zona (1913), immaginando Gesù come un moderno aviatore (diremmo noi oggi “astronauta”): «I diavoli dagli abissi levano il capo per guardarlo… Gli angeli volteggiano attorno al grazioso Volteggiatore».
Anche sul monte degli Ulivi, nell’antico tempietto bizantino e crociato (ora musulmano) dedicato all’Ascensione, si mostra una roccia sulla quale la tradizione popolare vede impresse le impronte dei piedi del Risorto nello slancio dell’ascesa! In realtà, questo evento – che san Luca pone a suggello del suo Vangelo e in apertura alla sua seconda opera, gli Atti degli apostoli (1,6-12) – dev’essere compreso nel suo significato profondo, andando al di là di concezioni troppo “materialistiche” e “astronautiche”.
Sappiamo che l’area celeste è per eccellenza il segno del divino e del trascendente rispetto all’orizzonte in cui sono immerse le creature. In realtà, però, Dio supera e ingloba anche il cielo, essendo infinito.
Ora, Gesù di Nazaret con la risurrezione passa dall’orizzonte spaziale e storico terreno alla pienezza della sua divinità, con tutto il suo essere anche corporeo che viene trasfigurato e glorificato. La “verticalità” dell’ascensione rappresenta, perciò, il mistero che si celava in Cristo quando era nell’“orizzontalità” del nostro spazio e del nostro tempo. Si ricorre, così, alla descrizione biblica della fine dei giusti, come l’arcaico patriarca Enok e il profeta Elia che furono rapiti in cielo (Genesi 5,22; 2Re 2): il Risorto ritorna nella città celeste da cui era venuto, cioè dal mistero della divinità, e con sé attira l’umanità redenta, strappandola alla caducità del tempo e del limite, del male e del peccato (questo è anche il senso dell’assunzione di Maria al cielo). Come diceva sant’Agostino nel suo Sermone per l’ascensione, «la risurrezione del Signore è la nostra speranza, l’ascensione del Signore è la nostra glorificazione».
È interessante notare che l’evangelista Giovanni a più riprese raffigurerà la crocifissione e la risurrezione di Cristo proprio come un “innalzamento”, un’ascensione,una glorificazione: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo… Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me» (3,14; 12,32). Venendo in mezzo a noi, Gesù è diventato in tutto simile a noi; con la morte egli conclude la sua parabola storica. Con la risurrezione egli è “innalzato” dal nostro orizzonte, “ascendendo” a quel mondo divino a cui appartiene come Figlio di Dio, portando con sé quell’umanità che egli aveva assunto incarnandosi, così da condurla alla gloria. …( Ginafrando Ravasi )
…. L’ascensione del Signore è veramente un mistero chiave per la comprensione dell’oggetto della nostra fede. … se vera­mente non si e arrivati a stabilire un rapporto vitale con il mistero dell’ascensione del Signore, è difficile che il nostro rapporto globale con il mistero di Cristo sia nella luce.
…. Il Signore, nel discorso dell’ultima cena, con molta insistenza dice che l’atto di fede fondamentale è credere che egli è uscito dal Padre, che è venuto dal Padre. … in un modo tutto personale, assolutamente diverso da quello di ogni altra creatura, nel senso che egli è della stessa sostanza del Padre, che veramente lui e il Padre sono una cosa sola ed erano una cosa sola prima che il mondo fosse, prima quindi che tutte tutte le creature venissero dal Padre.
Ma allora l’ascensione che cosa è ? ..E’ il ritorno di Gesù al Padre …. per cui lui, la sua umanità, la sua realtà globale, tutto il suo essere ritorna al Padre. Come è venuto dal Padre senza mai uscirne, senza mai separa­rsi da lui quanto alla sostanza, cosi ora ritorna al Padre nel senso che questo reingresso nel seno del Padre — da cui è uscito e in cui è , a un tempo, da tutta l’eternità — si realizza pienamente in lui anche in un modo storico, per la sua umanità.     Ora, questo che è l’atto e il nucleo di fede fondamentale, … è complicato dalla presenza, nello stesso linguaggio della Scrit­tura, di un’altra coppia di concetti, quella di cielo-terra, simmetrica, in un certo senso, a questa di venuto-ritornato.      Per capire un po’ di più il mistero, … bisogna che andiamo oltre il diaframma che la coppia di concetti cielo-terra può rappresentare per noi. Altrimenti se non riusciamo, … , a forare questa specie di parete, non entriamo nella comprensione del mistero. E pareti come questa non si bucano con il tra­pano della nostra parola, … si bucano solo con la grazia stessa che ci deve essere data nel dono puro dello Spirito. … il Signore ci dia lo spirito di sapienza e di rivelazione proprio per la comprensione del mistero dell’ascensione, per comprendere che cosa voglia dire questo uscire di Cristo dal Padre e questo ritornare a lui, questo rap­porto cielo-terra, terra-cielo, … che sono rispettivamente l’equi­valente di ciò che è Dio è di ciò che è tutt’altro da Dio.  
… Ritornando al Padre … nell’atto stesso in cui sembra allontanarsi … in realtà si fa massi­mamente intimo a noi e noi diventiamo massimamente intimi a lui.
Comprendere la glorificazione di Gesù, la sua risurrezione e la sua ascensione, vuol dire penetrare il mistero più intimo dell’essere di Dio e acquisire progressivamente, per il Cristo che è entrato in Dio, l’esperienza di tutti gli esseri in Dio: l’esperienza prima di tutto di noi stessi in Dio per il Cristo e poi l’esperienza di tutti gli altri esseri, per il Cristo, in Dio.     Di modo che non si può dare più nessun’altra unità con gli altri esseri, se non un’unità che sia mediata da quest’esperien­za del nostro rapporto col Cristo in Dio.     Ecco perche tutti gli altri no­stri rapporti divengono assorbibili e condizionati da quest’esperienza del Cristo in Dio.   Noi non possiamo più avere un rapporto di unità con un’altra creatura, se non in modo mediato, per mezzo del Cristo stesso in Dio; non possiamo avere più esperienza della nostra perso­nalità e del suo dilatarsi, se non nell’esperienza di Cristo in Dio.
Tutta l’ascensione è qui, tutti gli aspetti dell’esistenza cristiana sono qui; ed è attraverso la comprensione sempre più profonda di queste coppie di concetti uscito da Dio-ritornato a Dio, terra-cielo, che noi ricomponiamo tutta l’unità del mistero cristiano e della no­stra esistenza, del mistero di Cristo e della nostra esistenza in Cristo.    
 È soltanto un abbozzo questo che abbiamo tracciato stamani, ma adesso dobbiamo chiedere al Signore che cancelli le parole e le faccia completamente tacere e che cancelli anche la loro eco nella mente e nei cuori, e invece parli soltanto Lui con la potentissima attrattiva del suo essere che è in noi e del suo essere in noi in Lui» (d. G. Dossetti, omelia registrata, 11.5.1972).

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