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XIX Domenica del T. O. – Essere sempre pronti per poter cogliere il “passaggio” di Dio nella nostra vita.

VigilanzaLa liturgia della Parola di questa domenica, nel suo insieme, ci richiama a un atteggiamento cristiano fondamentale: la continua vigilanza.
Gesù (Vangelo), in particolare, ci invita a essere «pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese», per poter cogliere il “passaggio” di Dio nella nostra vita, ogni volta che egli bussa alla nostra porta e ci propone di fare esperienza della sua salvezza. Un’attesa che si fonda sulla promessa del Signore di portare a compimento la sua proposta di salvezza per ciascuno di noi.
Le modalità richieste da Gesù per vivere bene questa vigilanza sono parte integrante del suo stesso contenuto e necessitano della nostra attenzione.
Anzitutto «le vesti strette ai fianchi», immagine che richiama l’atteggiamento di chi è pronto per mettersi in cammino. Chi si fida di Dio, infatti, sa bene che la vita di fede è un percorso continuo, uno “spostarsi” verso tappe sempre nuove, che il Signore stesso ci propone giorno dopo giorno….. È l’esperienza vissuta da Abramo che, «per fede obbedì, partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava». …. . ( N Galantino )
[ L’attesa  dell’incontro finale con Lui, ] ci deve spingere ad una vita ricca di opere buone.[ Nella pagina del vangelo di oggi Gesù dice:]  «Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma» (v. 33).
E’ un invito a dare valore all’elemosina come opera di misericordia, a non riporre la fiducia nei beni effimeri, a usare le cose senza attaccamento ed egoismo, ma secondo la logica di Dio, la logica dell’attenzione agli altri, la logica dell’amore. …..”.
L’insegnamento di Gesù prosegue con tre brevi parabole sul tema della vigilanza ( essere attenti, essere vigilanti nella vita ) .
 La prima è la parabola dei servi che aspettano nella notte il ritorno del padrone. «Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli» (v. 37): è la beatitudine dell’attendere con fede il Signore, del tenersi pronti, in atteggiamento di servizio. Egli si fa presente ogni giorno, bussa  alla porta del nostro cuore. E sarà beato chi gli aprirà, perché avrà una grande ricompensa: infatti il Signore stesso si farà servo dei suoi servi – è una bella ricompensa – ; nel grande banchetto del suo Regno passerà Lui stesso a servirli. Con questa parabola, ambientata di notte, Gesù prospetta la vita come una veglia di attesa operosa, che prelude al giorno luminoso dell’eternità.
Per potervi accedere bisogna essere pronti, svegli e impegnati al servizio degli altri, nella consolante prospettiva che, “di là”, non saremo più noi a servire Dio, ma Lui stesso ci accoglierà alla sua mensa. A pensarci bene, questo accade già oggi  ogni volta che incontriamo il Signore nella preghiera, oppure nel servire i poveri, e soprattutto nell’Eucaristia, dove Egli prepara un banchetto per nutrirci della sua Parola e del suo Corpo.
La seconda parabola ha come immagine la venuta imprevedibile del ladro. Questo fatto esige una vigilanza; infatti Gesù esorta: «Tenetevi pronti, perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo» (v. 40). Il discepolo è colui che attende il Signore e il suo Regno.
 Il Vangelo chiarisce questa prospettiva con la terza parabola: l’amministratore di una casa dopo la partenza del padrone.
Nel primo quadro, l’amministratore esegue fedelmente i suoi compiti e riceve la ricompensa.  Nel secondo quadro, l’amministratore abusa della sua autorità e percuote i servi, per cui, al ritorno improvviso del padrone, verrà punito.
Questa scena descrive una situazione frequente anche ai nostri giorni: tante ingiustizie, violenze e cattiverie quotidiane nascono dall’idea di comportarci come padroni della vita degli altri. Abbiamo un solo padrone a cui non piace farsi chiamarsi “padrone” ma “Padre”. Noi tutti siamo servi, peccatori e figli: Lui è l’unico Padre.
L’attesa della beatitudine eterna non ci dispensa dall’impegno di rendere più giusto e più abitabile il mondo. Anzi, proprio questa nostra speranza di possedere il Regno nell’eternità ci spinge a operare per migliorare le condizioni della vita terrena, specialmente dei fratelli più deboli. ….. ( Papa Francesco )

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