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Leggiamo, una pagina al giorno, il libro “ PREGARE LA PAROLA” di Enzo Bianchi. Per accedervi click sulla voce del menu “ PREGARE LA PAROLA” o sull’icona che scorre di seguito .

Vangelo Domeniche e Festività

IV Domenica del T. O. – “Gesù passa in mezzo e va”, ma noi non ce ne accorgiamo… Passa in mezzo alla sua chiesa ma va oltre la chiesa; come Elia, come Eliseo, va tra i pagani che Dio ama.

Gesù nella sinagogaLa prima lettura della liturgia della parola, tratta dal profeta Geremia, ci racconta una dimensione misteriosa della vocazione personale che il profeta riceve. Un chiamata che lo raggiunge sin dal grembo materno, ancora prima di nascere. (Provincia Toscana FMC )
La chiamata è una realtà che viene dall’Eterno. “ Prima di formarti nel grembo materno io ti ho conosciuto “,  …. prima ancora che tu cominciassi a prendere forma da embrione a creatura io già ti vedevo, io già  conoscevo la tua storia  .
Dio vede già dal remoto della sua eternità,  vede questo punto preciso della storia in cui si sta configurando questa creatura che poi porterà il nome di Geremia . Continua a leggere

III Domenica del T. O. " L'OMELIA di Gesù" … Egli non spiega , … non usa parole … ma proclama che in Lui “ OGGI” Dio ha parlato e ha realizzato la sua Parola.

Gesù nella Sinagoga DLuca è molto attento a testimoniare la presenza dello Spirito di Dio in Gesù. Gesù – che è la Parola di Dio (cf. Gv 1,1) – e lo Spirito santo sono “compagni inseparabili” (Basilio di Cesarea), dunque dove Gesù parla e agisce là c’è anche lo Spirito.
[…]  Con questa insistenza Luca è intenzionato a far comprendere al lettore che Gesù è “ispirato”, che la sua sorgente interiore, il suo respiro profondo è lo Spirito di Dio, il Soffio del Padre. Non è un profeta come gli altri, sui quali lo Spirito scendeva momentaneamente, perché in lui lo Spirito riposava, dimorava (cf. Gv 1,32) , lo riempiva di quella forza (dýnamis) che non è potere, ma partecipazione all’azione e allo stile di Dio. Continua a leggere

II Domenica del T.O. – Maria percepisce il gemito inespresso del mondo e lo esprime semplicemente: “Non hanno più vino”.

nozze cana rPer chi comprende il brano evangelico delle nozze di Cana nella sua intenzione più profonda, risulta sempre imbarazzante sentirlo proclamare nelle celebrazioni dei matrimoni. Perché? Perché, se lo si legge attentamente, ci si accorge che mai appaiono in esso uno sposa e una sposa che agiscono o sigillano il loro matrimonio nell’alleanza.
La sposa non è mai nominata, mentre allo sposo viene rivolta solo una volta la parola dal capo tavola, ma egli non ribatte: è una figura senza voce, senza carne, senza corpo, come se si sottraesse alla scena, lasciando lo spazio a un altro Sposo…
Il protagonista di questa pagina è infatti Gesù, mentre gli altri personaggi sono presentati solo in riferimento a lui: “la madre di Gesù”, “sua madre” (senza che si dica il nome Maria) e “i suoi discepoli”, testimoni silenziosi, ma che alla fine appariranno come la comunità, la sposa di quell’alleanza con lo Sposo Gesù, sigillata nel vino nuovo del Regno.
[…]  Si celebra dunque un matrimonio al quale è presente la madre di Gesù ed è invitato Gesù stesso insieme ai suoi discepoli. Siamo nel “terzo giorno”, espressione temporale che evoca il giorno della gloria del Gesù, giorno in cui egli si è mostrato Kýrios più che mai (cf. Mc 8,31 e par.; At 10,40, ecc.).
La madre di Gesù è presenza, sta qui all’“inizio dei segni”, come sarà presenza, starà, alla fine dei segni, presso la croce (cf. Gv 19,25).
 Proprio in quanto madre di Gesù, presente a quell’ora, vedendo che in queste nozze non c’è vino, si rivolge a lui con audacia per dirgli: “Non hanno vino”. E se non vi è vino, come si potranno celebrare le nozze con la gioia necessaria alla festa? Penso sovente che se la chiesa in mezzo all’umanità svolgesse anche solo questa funzione di far notare al Signore che “non c’è vino”, non c’è gioia, questo sarebbe già da parte sua assolvere un ministero essenziale…
Nelle Scritture il vino è innanzitutto promessa di Dio stesso, dono della beatitudine e della gioia fatto al suo popolo.
È il vino che rallegra il cuore dell’uomo (cf. Sal 103,15), ma anche il cuore di Dio (cf. Giudic 9,13 : ’Elohim), ed è proprio il vino che segnerà il banchetto escatologico promesso, attraverso il profeta, a tutti i popoli della terra, quel banchetto in cui si celebrerà la liberazione definitiva dalla morte (cf. Is 25,8): “Il Signore dell’universo imbandirà un banchetto, lo preparerà per tutti i popoli sul monte Sion, un banchetto di vivande scelte e vini eccellenti, di cibi gustosi e vini raffinati” (Is  25,6).
 È il vino che crea il clima dell’amore tra lo sposo e la sposa nella “cella vinaria” (Ct 2,4) del Cantico dei cantici, vino che scenderà come rigagnoli dalle colline della terra benedetta (cf. Gl 4,18).
È il vino della gratuità, che fa trascendere la vita sotto il segno della necessità del pane, in un eccesso che chiama l’uomo e la donna fuori di sé. Per questo nel pasto lasciato da Gesù come suo memoriale ci sono il pane necessario e il vino gratuito (cf. Mc 14,22-24 e par.; 1Cor 11,23-25), perché l’umano deve sempre affermare l’uno e l’altro, sentirsi creatura bisognosa ma anche capace di creazione, di bellezza, di canto e di danza.
Non c’è dunque celebrazione di nozze senza vino, e la madre di Gesù per questo interviene. [ E Bianchi ]
Nel racconto evangelico tutti hanno qualcosa da fare: chi nella cucina, chi al servizio, chi   agli   strumenti  musicali.
Soltanto Maria vede l’insieme, ha il colpo d’occhio e capisce che cosa di essenziale sta succedendo e che cosa di essenziale sta mancando. Questo è lo spirito contemplativo di Maria, il suo dono della sintesi, la capacità di attendere alle cose particolari.
[…]  Maria percepisce il gemito inespresso del mondo e lo esprime semplicemente: “Non hanno più vino”. E’ l’unica a dire questa parola. […]
Il carisma di Maria è lo sguardo confortante all’insieme del corpo ecclesiale, che la rende attenta per tutti i punti dolenti e pronta ad esprimerli, a provvedere, avvisando chi di dovere, facendo intervenire altri.
 A Cana infatti Maria non provvede direttamente alla necessità del vino, ma la mette in luce, la pone in rilievo e l’affida al Figlio.
Maria ci deve aiutare a scoprire ciò che manca, non per accusare o recriminare, ma per soffrire e per amare.
 E anzitutto deve aiutarmi a scoprire quello che manca in me, quel “non so che” che dà il di più: forse sono piccole cose che mi mancano, piccoli passi che devo compiere nella disciplina del corpo, dello spirito, della mente, piccoli perdoni, piccole rinunce da vivere, piccole tensioni da coprire o piccole parole da frenare. Forse mi manca poco perché si manifesti il buon vino.  [….]  (Cardinale Carlo Maria Martini, in Maria, la donna del suo popolo 1984)
 Noi ancora oggi continuiamo a bere di quel vino di Cana donatoci da Gesù, e alla sua tavola, quando celebriamo l’incontro con lui, l’adesione a lui, la fede in lui, celebriamo le nozze tra lui e la comunità cristiana, suo corpo.
Come nelle nozze i due diventano “una sola carne” (Gen 2,24; Mc 10,7.8; Mt 19,5.6; Ef 5,31), così nell’eucaristia i credenti diventano carne di Cristo, Signore e Sposo, Sposo che si dà totalmente alla sua comunità.
[ Il racconto delle nozze di cana è ] potente e intrigante perché più di altre esprime la verità dell’incarnazione: corpi che diventano un solo corpo, comunione e comunicazione nel canto dell’amore, nella sobria ebbrezza del vino. […][ E Bianchi ]
Il vino nuovo allieterà il giorno delle nozze eterne fra il Signore e il suo popolo (cf. Osea 2,21-24). In questa luce, il banchetto nuziale di Cana appare come l’ora dell’intervento definitivo di Dio, che viene a compiere in maniera sovrabbondante l’attesa e trasforma l’acqua della purificazione dei Giudei (acqua della preparazione e del desiderio: cf. v. 6) nel vino nuovo del Regno.  …
Nella Chiesa nata dalla Pasqua di Gesù, la Vergine Madre è colei che presenta al Figlio i bisogni dell’attesa e conduce alla fede in Lui, condizione necessaria perché il vino nuovo riempia le giare dell’antico patto.
Il servizio di Maria è di orientarci a Gesù e di portarci a compiere la Sua volontà[…]   ( B. Forte )
 
 

Battesimo di Gesù – " Un gesto umano di umiltà, di sottomissione a Dio e di totale solidarietà con i suoi fratelli peccatori."

Battesimo GesùLa celebrazione del Battesimo del Signore conclude il tempo liturgico del Natale, segnando  contemporaneamente l’inizio della “vita pubblica” di Gesù. ( N. Galantino )
È la festa del battesimo di Gesù, della sua immersione da parte di Giovanni nel fiume Giordano: il primo atto di Gesù uomo maturo, la sua prima apparizione pubblica. Tutti i vangeli ricordano questo evento posto all’inizio del ministero di Gesù, e ciascuno lo narra in modo proprio: cerchiamo dunque di comprendere ed esplicitare le peculiarità del racconto di Luca.
Giovanni il Battista aveva annunciato un Veniente più forte di lui, che avrebbe immerso (cioè battezzato) non nelle acque del Giordano ma in Spirito santo e fuoco. E tuttavia questo Veniente, che è discepolo di Giovanni e porta il nome non ancora noto di Jeshu‘a, Gesù, va anche lui a farsi battezzare.
Luca sottolinea che egli fa questo insieme a “tutto il popolo”, …. Solidale con quel popolo, uomo come tutti gli altri, mescolato alla folla anonima, in fila tra uomini e donne, senza nessuna volontà di distinzione dai peccatori, Gesù si fa immergere da Giovanni: con il popolo, in mezzo al popolo, uno del popolo, dove questo termine indica certamente la gente ordinaria, ma anche quel nuovo popolo che Dio sta radunando per farne il suo popolo per sempre.
Questo il primo gesto della vita pubblica di Gesù: non una predicazione, non un miracolo, non qualcosa che potesse meravigliare i presenti, ma un gesto umano di umiltà, di sottomissione a Dio e di totale solidarietà con i suoi fratelli peccatori.
Luca vuole anche mettere in evidenza ciò che accade a Gesù, ciò che diventa sua esperienza personalissima in quell’evento. A differenza degli altri vangeli rivela che Gesù riceve il battesimo mentre sta pregando, cioè sta invocando il suo Dio e Padre.
Cosa significa pregare?
Poche cose: fare silenzio, fare spazio dentro di sé allo Spirito di Dio per accogliere quella parola di Dio che lo Spirito stesso fa risuonare.
Questa e solo questa è la preghiera cristiana: non parole dette a Dio, non ripetizione di formule, non esercizio di affetti, ma silenzio, predisposizione di se stessi all’accoglienza della Parola e dello Spirito di Dio.
[…]   Gesù dunque si fa immergere da Giovanni ma soprattutto prega, appresta tutto il suo essere per farsi dimora dello Spirito santo, che solo Gesù vede scendere dal cielo sotto forma di colomba per dimorare in lui. ( E. Bianchi )
L’immagine della colomba richiama vari elementi, riguarda la creazione quando lo Spirito di Dio aleggiava sopra le acque e nell’interpretazione rabbinica si diceva che era come una colomba, quindi in Gesù c’è la nuova creazione.
 Richiama soprattutto la colomba che esce dall’arca di Noè, dopo il diluvio, in segno di perdono. ( A. Maggi )
I cieli si aprono per questa discesa da Dio dello Spirito e, con lo Spirito, ecco risuonare la parola personalissima rivolta a Gesù: “Tu!”. “Tu sei mio Figlio, io oggi ti ho generato” sono le parole del salmo 2 (v. 7), che Gesù sa pregare e che sente rivolte a sé, accompagnate da tutta la gioia del Padre nel pronunciarle: “Sono contento di sceglierti, in te ho posto la mia gioia”, la gioia di Dio che sceglie il suo Servo (cf. Is 42,1).
Nessuno ascolta quella voce, nessuno vede scendere lo Spirito all’infuori di Gesù, che nella fede dopo quell’evento potrà dunque ripetere: “Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha unto e mi ha inviato a portare la buona notizia ai poveri” (Lc 4,18; Is 61,1). Questa la sua chiamata, che Gesù realizzerà pienamente e puntualmente quale Servo del Signore, vocazione profetica e messianica.
“Gesù aveva circa trent’anni” (Lc 3,23), annota Luca subito dopo, dunque ha trascorso molti anni di vita nascosta. Dal suo bar mitzwà, quando a dodici anni divenne “figlio del comandamento” (cf. Lc 2,41-50), fino a questa rivelazione di Dio, ha vissuto un’esistenza ordinaria e oscura.
Inutile ricostruire con la fantasia e l’immaginazione quegli anni, per farne discendere una spiritualità di Gesù in famiglia, di Gesù operaio, di Gesù a Nazaret… Ci basti sapere che ha atteso, che non si è dato ruoli né una vocazione, ma che ha sempre saputo vivere l’oggi di Dio. Siamo certi soltanto della sua obbedienza a Dio piuttosto che agli uomini e alla famiglia (cf. Lc 2,49; At 5,29); della sua disponibilità a fare posto nella propria vita e nel proprio corpo allo Spirito santo, “il suo compagno inseparabile” (Basilio di Cesarea); del suo esercitarsi nell’arte dell’ascolto della Parola di Dio, che egli trovava nell’assiduità alle sante Scritture, studiando l’ebraico, lingua ormai desueta, imparando da maestri a leggere e interpretare la Legge e i Profeti, mettendosi alla sequela di Giovanni come discepolo.
Questo fino a circa trent’anni, quando ormai era un uomo maturo e, per il suo tempo, avanti negli anni. E quando il suo maestro Giovanni fu imprigionato da Erode (cf. Lc 3,19-20), ecco venuta la sua ora, l’ora di far risuonare la sua parola, l’ora di proclamare il Vangelo, l’ora di percorrere le vie della Galilea e della Giudea per “passare tra gli umani facendo il bene” (cf. At 10,38).
Questo cammino va dall’immersione nelle acque del Giordano all’immersione nelle acque della passione e della morte (cf. Sal 69,2-3). E anche nell’ora della morte Gesù sarà come uno di noi, annoverato e crocifisso tra due malfattori (cf. Lc 22,37; 23,33; Is 53,12), e perciò solidale con i peccatori, come lo era stato per tutta la vita.
Li aveva preferiti ai giusti, facendosi battezzare insieme a loro da Giovanni; li preferirà ancora ai giusti morendo in croce tra di loro, ma arrivando a promettere proprio a uno di loro: “Oggi con me sarai nel paradiso” (Lc 23,43). E appena morto sentirà di nuovo la voce del Padre: “Tu sei mio Figlio, io oggi ti ho generato”, voce che lo richiama dai morti, Spirito santo che lo rialza alla vita eterna. L’Apostolo Paolo rileggerà questa storia in modo sintetico all’inizio della Lettera ai Romani: “Cristo Gesù, … Figlio di Dio, nato dalla stirpe di David secondo la carne, costituito Figlio di Dio con potenza, secondo lo Spirito santo, attraverso la resurrezione dei morti” (Rm 1,1.3-4). (Enzo Bianchi)

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