XXVIII Domenica del T.O. – Per la vita eterna non importa come e quello che si è creduto, ma importa come si sono amati i fratelli.
Per la comprensione del brano evangelico dobbiamo lasciarci guidare ..dai termini che l’evangelista mette nel suo racconto per indicare quello che lui vuole esprimere.
L’evangelista scrive: Mentre andava per la strada. Ecco la prima indicazione.
“Lungo la strada” è il luogo della semina infruttuosa, dove il seme è stato gettato per terra, ma subito sono venuti gli uccelli. Quindi l’evangelista ci mette in guardia sul fatto che questo brano sarà all’insegna della semina infruttuosa, la parola non verrà accolta.
Un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio…: ecco altri due elementi importanti.
Finora è corso incontro a Gesù l’indemoniato, cioè una persona posseduta da qualcosa di più forte di lui che lo tiene prigioniero e si è gettato in ginocchio presso Gesù, il lebbroso, cioè la persona impura che si riteneva esclusa da Dio. Quindi l’evangelista ci sta dicendo che questo tale è più posseduto di un indemoniato e più impuro di un lebbroso.
La preoccupazione di questo tale – che è anonimo, quindi significa che è un personaggio rappresentativo – è cosa deve fare per ottenere la vita eterna. … Gesù …lo rimanda a Dio e ai comandamenti.
E qui Gesù elimina i tre che erano esclusivi di Israele, i comandamenti più importanti, gli obblighi nei confronti di Dio e gli elenca soltanto cinque comandamenti più un precetto che riguardano il comportamento verso gli altri.
Per la vita eterna non importa come e quello che si è creduto, ma importa come si sono amati i fratelli.
E Gesù glieli elenca. “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso…”, e poi Non frodare che era un precetto e non un comandamento.
Perché Gesù lo mette tra i comandamenti, dandogli valore di comandamento?
E’ un brano preso dal libro del Deuteronomio dove si chiede di non imbrogliare i lavoratori, i dipendenti. Allora Gesù insinua che alla base di ogni ricchezza – perché vedremo che questo tale è molto ricco – c’è sempre la frode e l’imbroglio.
E poi “Onora il padre e la madre”.
L’individuo afferma di aver fatto tutte queste cose fin dalla giovinezza. Il testo greco fa vedere che l’individuo si riempie la bocca, fiero, orgoglioso di tutto questo … In greco tutte queste cose si dice Tauta panta. È un’espressione che riempie la bocca.
Allora Gesù lo fissò, lo amò e gli disse: “Uno ti manca”. Traduco letteralmente il testo, non è una cosa sola ti manca, cioè a dire “hai fatto tanto metti anche questo”. No. “Uno ti manca” era un’espressione per indicare “Ti manca tutto”.
Tanta osservanza dei comandamenti, tante osservanze religiose, eppure ti hanno reso un individuo – come abbiamo visto – angosciato, preoccupato.
Allora Gesù, che lo ama, … lo invita a dare di più. E infatti gli dice: “Va’, vendi quello che hai, dallo ai poveri…”, cioè fai felice per essere felice, “ e avrai un tesoro in cielo”, cioè in Dio. “E vieni! Seguimi!” ( A Maggi )
L’invito di Gesù lo sconvolge e «se ne andò afflitto, poiché aveva molti beni» (v. 22).
Avrebbe potuto dire: «Ci penserò, rifletterò»; oppure: «Dammi la forza di seguire questa tua parola». Invece si chiude in se stesso perché ha molti beni. Quindi la tristezza ha invaso il suo cuore; ha intuito che, nonostante l’amore con cui Gesù l’ha fissato, egli non riesce a giocarsi per paura, per viltà, per pigrizia. E’ un episodio drammatico che ci fa pensare. ( Carlo Maria Martini la trasformazione di cristo e del cristiano alla luce del tabor – Un corso di esercizi spirituali )
Ecco perché Gesù all’inizio ha presentato l’individuo che corre come un indemoniato e si inginocchia come un impuro. Costui credeva di possedere i propri beni, in realtà ne era posseduto. E il possesso di questi beni, l’egoismo che nasce lo chiudeva alla comunicazione con Dio.
La sua condizione è più grave del lebbroso che Gesù ha purificato e più grave anche dell’indemoniato che Gesù ha liberato. ( A M aggi )
[…] Le ricchezze sono un impedimento, qualcosa che non rende facile il cammino verso il regno di Dio.
Ognuno di noi ha le sue ricchezze, ma si tratta spesso di ricchezze che impediscono di andare vicino a Gesù e che a volte portano persino tristezza.
[…] La prima ricchezza è il benessere. La cultura del benessere che ci fa poco coraggiosi, ci fa pigri, ci fa anche egoisti.
A volte il benessere ci anestetizza, perché in fin dei conti stiamo bene nel benessere. ….Ma questo ci getta giù, ci spoglia di quel coraggio forte per andare vicino a Gesù.
Oltre al benessere, quello che ci impedisce di andare vicino a Gesù è il fascino del provvisorio.
Noi siamo innamorati del provvisorio, mentre le proposte di Gesù sono definitive. Il provvisorio ci piace perché abbiamo paura del tempo di Dio … e ci spinge a diventare padroni del tempo. (dalle Omelie di papa Francesco a Santa Marta, 27 maggio 2013: Mc 10, 17-27).
Quante volte anche noi ci presentiamo al Signore, implorandolo di poter conoscere la sua volontà e le sue vie, ma interiormente manteniamo un atteggiamento di chiusura verso ogni sua possibile richiesta o esigenza. Non si può seguire Gesù da “ricchi”, cioè appagati dai “risultati” raggiunti nel cammino di fede, sazi e orgogliosi del nostro “essere osservanti”.
Il Signore ci chiede di “vendere” ciò che abbiamo, per essere davvero liberi di seguirlo, sulla strada che egli propone a ciascuno di noi.
E in quel “vendere” possiamo cogliere due importanti aspetti.
Per vendere qualcosa occorre anzitutto valutare il bene in vendita, prenderne consapevolezza, soppesarlo: è il momento della gratitudine a Dio per ciò che siamo, per le nostre capacità e i carismi ricevuti. Poi, dice Gesù, il ricavato «dallo ai poveri»: è il momento della condivisione fraterna.
Ciò che siamo per grazia non è per noi, ma per servire i fratelli e, fra loro, i più bisognosi. Chiediamo al Signore di renderci davvero liberi per seguirlo ogni giorno nel cammino verso la vita piena. (Nunzio Galantino)
Gesù rivela ai discepoli che, per accogliere l’amore, occorre non avere degli altri amori che seducono e alienano, come il denaro, la ricchezza, il potere. Chi possiede queste cose non sa discernere l’amore, che chiede accoglienza, perché è già sazio, autosufficiente, non ha bisogno di essere amato da un altro.
Pietro allora interviene per ricordare che lui e gli altri hanno lasciato tutto per seguire Gesù: hanno lasciato la casa, la famiglia (madre, padre, fratelli e sorelle), i figli che avevano o ai quali avevano rinunciato… Forse Pietro mendicava un riconoscimento di Gesù per la loro rinuncia a ciò che è buono e santo come una famiglia, ma che per loro era una perdita, non un guadagno (cf. Fil 3,7), se paragonato allo “stare con Gesù” (cf. Mc 3,14).
E Gesù, in risposta, gli dice: “Non c’è nessuno che abbia lasciato tutto questo a causa mia e del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà”.
Oggi si dimentica troppo facilmente anche nella chiesa (ma ci si crede ancora?) che Gesù può chiedere a “chi può fare spazio” (ho dynámenos choreîn choreîto: Mt 19,12) di rinunciare alla famiglia che aveva e a quella che avrebbe potuto crearsi.
Il celibato per il Regno non può essere ridotto alla rinuncia all’esercizio sessuale, ma è molto di più: è una “non coniugazione” né psicologica né affettiva, è non avere più una famiglia umana ma vivere e sentire come sufficiente la famiglia dei fratelli e delle sorelle di Gesù. Come gli stesso ha annunciato: “Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli? … Chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre” (Mc 3,33.35).
Nella sequela di Gesù si può abbandonare la famiglia carnale per un nuova famiglia, si può vivere il celibato nella fecondità dell’amore di Cristo, dei suoi fratelli e delle sue sorelle.
Stiamo attenti a non annacquare lo scandalo della sequela di Cristo, a non nascondere la rinuncia, che è determinante nel seguire Gesù.
Abbandonare tutto può essere, per alcuni chiamati dal Signore, il loro “fare” in questo mondo: sempre nel servizio degli altri; sempre nell’amore per il prossimo, chiunque esso sia; sempre mendicando una salvezza che non può mai essere meritata, neanche vivendo le persecuzioni. Nella sequela di Gesù non ci sono primi o ultimi per diritto acquisito, ma solo destinatari dell’amore preveniente di Gesù e della sua misericordia. (E. Bianchi )
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