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XXI DOMENICA DEL T.O. – In Gesù questo pensiero di Dio si incunea nella carne stessa della mia esistenza e vi apre contraddizioni drammatiche e vi effonde un ineffabile conforto.   

Nella PRIMA LETTURA   l’elemento dominante della figura di questo Sebna maggiordomo è l’autoreferenzialità, che è  nota propria della cultura classica e del pensiero greco.  E quindi dato caratteristico anche di una religiosità razionale.  La radicale condanna di questa figura esalta invece il proprio della fede e della sapienza dell’ebraismo! Alla figura di Sebna si contrappone quindi assolutamente la vicenda di Eliakim, la cui vicenda è interamente opera del Signore.  Eliakim ne è il servo la cui vita è interamente opera di Dio.  A lui il Signore dona quello che ora sembra essere stato non solo possesso, ma anche rapina da parte di Sebna.  Per questo viene detto di Eliakim: “Lo rivestirò con la tua tunica”. E quindi gli viene data anche “la tua cintura” e infine anche “il potere, di cui evidentemente Sebna era ingiusto detentore.  Allora sembra evidente che Sebna si era impossessato di quello che ora Dio dona ad Eliakim!

 Questi viene insignito della paternità su Gerusalemme e su Giuda (ver.21) e riceve “la chiave della casa di Davide” (ver.22), cioè il potere di aprire e di chiudere: ogni potere e ogni gloria! Ogni ricchezza.  Quello che per la cultura razionalista è conquista e possesso,  per la fede ebraica è tutto dono! (G. Nicolini)

 

I versetti della  SECONDA LETTURA   sono una grande preghiera di lode, un meraviglioso abbandonarsi di Paolo e di tutti noi alla lode del Signore per le meraviglie da Lui compiute. “Insondabili sono i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie”!(ver.33). Le due citazioni dei vers.34-35, da Isaia 40 e da Giobbe 41, vogliono mettere a confronto il nulla del nostro pensare e agire con la totalità e la pienezza del dono di Dio: “Perché da Lui, per mezzo di Lui e per Lui sono tutte le cose”(ver.36). (G. Nicolini)

 

Dal brano del VANGELO emerge un punto fermo:   noi non siamo, di fronte ai pastori della Chiesa, come sudditi di fronte ai capi. Uno solo è il nostro capo, Cristo. Uno solo è il maestro, Cristo.              Queste parole di Gesù son dette perché non si trasferiscano all’interno dei rapporti del popolo di Dio le dipendenze che sono legittime nell’ambito politico e nell’ambito dei rapporti di consanguineità. Dinanzi alla prospettiva del suo maestro, consegnato ai nemici e crocifisso, Pietro si spaventa perché non ha fede. Nel momento in cui dice a Gesù «non dire così perché altrimenti non avremo seguito», egli giudica come i capi di partito, come i capi delle istituzioni.  Pietro deve arrivare a comprendere che la salvezza dell’uomo viene attraverso la sconfitta di Gesù Cristo.    Chi è Gesù per noi?  Invece di affrettarci a dire che è ‘il figlio del Dio vivente’ come dice Pietro, cominciamo col dire che Egli è la manifestazione della sapienza di Dio, dell’invisibile pensiero di Dio. È il luogo in cui ciò che è inconoscibile, si fa conoscibile.                  Se voglio sapere che cosa pensa Dio del mondo, interrogo Gesù Cristo e lo so. Allora tutta la vita del Signore mi si dischiude, mi si dipana come una sconcertante spiegazione del mistero del mondo.               Mi dice Gesù che Dio sceglie le cose umili per confondere le forti, che ciò che è potente dinanzi agli uomini è assolutamente insignificante dinanzi a Dio, che quel che è piccolo dinanzi agli uomini è grande dinanzi a Dio.            Il pensiero di Dio non è un mistero oscuro. In Gesù questo pensiero di Dio si incunea nella carne stessa della mia esistenza e vi apre contraddizioni drammatiche e vi effonde un ineffabile conforto.                   Quando sento parlar di Gesù Cristo …sono anch’io pronto a dire: «Tu sei il figlio del Dio vivente» perché nessuno ha parole di vita eterna, nessuno mi ha detto le parole che tu, o Gesù, mi hai detto, non attraverso ispirazioni, segreti o voci dall’alto come in certi visionari, ma attraverso la tua esistenza che mi è trasmessa dalla Scrittura, codificata dalla memoria della comunità cristiana. E così io so qual è il pensiero di Dio. Naturalmente non potrò essere, di questo pensiero di Dio, l’interprete assertorio, categorico come un giudice o un tribunale.      Non si può far così con la parola di Dio. Ma dentro di me – come dice il Vangelo di Maria – custodisco nel mio cuore tante parole del Signore e quando leggo ed ascolto i capi di stato, il più potente capo del più potente stato, e quando leggo le cronache sulla miseria dei morti di fame, io so quale è il pensiero di Dio. Il pensiero di Dio non è un pensiero da ore devote in cui si sta in chiesa cantando fra gli incensi e i ceri e si sta bene. QUESTA È DROGA CRISTIANA.

 Il pensiero di Dio è come una lama a doppio taglio. …

 Se io guardo la stessa Chiesa o anche Pietro (perché ogni cristiano giudica anche Pietro) e vede le sue preferenze, le sue scelte, io ho il diritto di giudicare secondo il pensiero  che si è manifestato in Cristo    ( Ernesto Balducci- da: “Il Vangelo della pace” – vol. 1)

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