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XXVI DOMENICA DEL T.O. – Il vero miracolo consiste nel riconoscersi peccatori: siamo noi i pubblicani, siamo noi le prostitute!

Nella PRIMA LETTURA il Signore ribadisce qual è il suo pensiero circa il giusto e il malvagio. Giusto è chi è nella Parola. Malvagio è colui che è fuori. Ci fa peccatori il nostro uscire dalla Parola. Ci fa giusti il nostro abitare nella Parola. Il ragionamento opposto va fatto anche per il malvagio. Se il malvagio abbandona la sua malvagità, lui per la sua giustizia vivrà. Ci fa giusti il nostro abitare nella Parola. Poiché dalla Parola si può uscire e nella Parola si può entrare, se entriamo diveniamo giusti, se usciamo diveniamo peccato. Così tutti possono passare dalla morte alla vita e dalla vita alla morte.

Nella SECONDA LETTURA è raccontata la “storia”di Gesù con cinque verbi all’indicativo aoristo, tempo che esprime azioni avvenute nel passato. I cinque verbi descrivono le tappe fondamentali del suo cammino: «non ritenne», «svuotò», «umiliò», «lo esaltò», «gli donò». Tre di questi verbi hanno per soggetto Gesù, richiamato dal pronome iniziale «egli», e descrivono il suo abbassamento; due hanno per soggetto il Padre e descrivono l’esaltazione che egli dona al Figlio. L’uso dell’aoristo, cioè del tempo passato, indica che si tratta di una storia accaduta una volta per sempre: si tratta di una vicenda temporale e non di un mito che continuamente si rinnova. C’è poi una serie di participi che precisano le modalità di questo cammino. Tutti questi verbi formano un vangelo, un annuncio che sorprende per la sua densità teologica. I verbi riguardanti Gesù esprimono la sua relazione con Dio e con gli uomini e le modalità delle sue scelte in rapporto a Dio e agli uomini: dalla condizione di Dio alla condizione di schiavo, dall’essere alla pari con Dio al diventare in tutto simile agli uomini, dalla rinuncia allo sfruttamento di questa parità con Dio all’obbedienza fino alla morte in croce. I verbi riguardanti Dio presentano la sua azione nei confronti di Gesù, come risposta alle sue scelte appena presentate. Alla fine i due protagonisti, Dio e Gesù, sono posti in una nuova relazione tra di loro e con noi: Gesù Cristo è costituito Signore di tutti e di tutto e Dio è il Padre di lui e di tutti.

Davanti alle due “ tipologie di figli “ tratteggiati nel VANGELO di oggi, Gesù propone una lezione ai suoi ascoltatori, probabilmente convinti anch’essi che il primo giovane sia migliore nonostante le apparenze.
Ecco, dunque, l’applicazione di Cristo: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. ….» (G.C. Ravasi )
Il verbo adoperato dall’evangelista, precedere, non è soltanto una precedenza, è prendere il posto. Gesù contrappone in questo brano ai grandi, i più vicini a Dio, gli ultimi. Questo perché Dio non può nulla con la convenienza, con l’egoismo, con l’avidità, … ma Dio può con i peccatori, coloro che vivono nel peccato. La sua onda d’amore li può veramente convertire; infatti ci riesce con pubblicani e prostitute, ma non con i capi religiosi .
Questi sono sempre refrattari all’azione di Dio. Inutilmente Dio manda loro inviati, manda loro profeti, loro sono sempre refrattari, non credono. È la tragedia: quelli che dovevano insegnare al popolo la volontà di Dio, sono i primi a non conoscerla e a non crederla, mentre quelli che erano considerati “gli esclusi” sono i più disponibili ad accoglierla. ( Lib tratto da A. Maggi )
L’amicizia di Gesù verso le persone meno stimate all’interno della società, la sua cordiale simpatia per prostitute e peccatori ignora il disprezzo di quanti si sentono migliori dei peccatori manifesti, semplicemente perché non vogliono o non sanno riconoscersi peccatori come loro…
Il vero miracolo – più grande che resuscitare i morti, diceva Isacco il Siro – consiste nel riconoscersi peccatori: siamo noi i pubblicani, siamo noi le prostitute! È davvero una fatica vana quella fatta per nascondere agli altri il proprio peccato: basterebbe riconoscerlo consapevolmente, per scoprire che Dio è già là e ci chiede solo di accettare che egli lo ricopra con la sua inesauribile misericordia. ( E. Bianchi)

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