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XXVII DOMENICA DEL T.O. – Anche oggi Dio aspetta i frutti della sua vigna da coloro che ha inviato a lavorare in essa.

Nella  PRIMA LETTURA la meravigliosa affermazione che tutti e tutto siamo del Diletto! Si parla del “lavoro” di Dio per la vigna e nella vigna, lavoro che non produce i frutti attesi. Le azioni che il Diletto mette in opera (  la vigna calpestata e trasformata in pascolo, non più vangata ) non scaturiscono dal fatto che ha cessato di amare la vigna, ma perché rifiutando l’amore, la sposa umanità subisce le conseguenze del rifiuto.  L’amore è liberta, libertà anche di rifiutare l’Amore. Ma alla fine vincerà l’amore paziente e infinito di Dio sposo e padre!

La SECONDA LETTURA   ci indica che il grande antidoto all’angoscia è la preghiera nelle sue diverse forme e modalità: lode, supplica, ringraziamento.   E poi la Pace è la suprema necessaria celebrazione di quella “presenza” del Signore che ci è stata annunciata. Senza di essa non possiamo vivere e non possiamo essere miti verso tutti gli uomini. L’espressione “in conclusione” che chiude la lettura  è  un invito ad andare al di là di quello che esplicitamente celebra ed esprime il Vangelo di Gesù.  .. Il dono di Dio, infatti, ama andare oltre i confini della fede confessata e predicata per manifestarsi ed operare negli spazi della storia umana.   Di tutto questo Paolo si propone come esempio. Egli ha insegnato, consegnato l’Evangelo che i gentili hanno ascoltato come fondamento della loro fede. Questa è la base di tutto anche della capacità di discernere tra le genti la virtù. La scuola apostolica e l’ascolto nella fede sono la realtà che generano il cristiano e lo rendono capace di quel dialogo con chi non è credente basato sulla virtù.

Nel  VANGELO di oggi (cfr Mt 21,33-43) Gesù, prevedendo la sua passione e morte, racconta la parabola dei vignaioli omicidi, per ammonire i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo che stanno per prendere una strada sbagliata. Questi, infatti, nutrono intenzioni cattive nei suoi confronti e cercano il modo di eliminarlo.

Il racconto allegorico descrive un padrone che, dopo aver molto curato la sua vigna (cfr v. 33), dovendo partire la affida a dei contadini. Poi, al tempo del raccolto, manda dei servi a ritirare i frutti; ma quei vignaioli accolgono i servi a bastonate e alcuni addirittura li uccidono. Il padrone invia altri servi, più numerosi, che però ricevono lo stesso trattamento (cfr vv. 34-36). Il colmo si raggiunge quando il padrone decide di mandare il suo figlio: i vignaioli non ne hanno alcun rispetto, anzi, pensano che eliminandolo potranno impadronirsi della vigna, e così uccidono anche lui (cfr vv. 37-39).

L’immagine della vigna è chiara: rappresenta il popolo che il Signore si è scelto e ha formato con tanta cura; i servi mandati dal padrone sono i profeti, inviati da Dio, mentre il figlio è figura di Gesù. E come furono rifiutati i profeti, così anche il Cristo è stato respinto e ucciso.

Al termine del racconto, Gesù domanda ai capi del popolo: «Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a questi contadini?» (v. 40). Ed essi, presi dalla logica della narrazione, pronunciano da sé stessi la propria condanna: il padrone – dicono – punirà severamente quei malvagi e affiderà la vigna «ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo» (v. 41).

Con questa parabola molto dura, Gesù mette i suoi interlocutori di fronte alla loro responsabilità, e lo fa con estrema chiarezza. Ma non pensiamo che questo ammonimento valga solo per quelli che rifiutarono Gesù in quel tempo. Vale per ogni tempo, anche per il nostro. Anche oggi Dio aspetta i frutti della sua vigna da coloro che ha inviato a lavorare in essa. Tutti noi.

In ogni epoca, coloro che hanno un’autorità, qualsiasi autorità, anche nella Chiesa, nel popolo di Dio, possono essere tentati di fare i propri interessi, invece di quelli di Dio stesso. E Gesù dice che la vera autorità è quando si fa il servizio, è nel servire, non sfruttare gli altri. La vigna è del Signore, non nostra. L’autorità è un servizio, e come tale va esercitata, per il bene di tutti e per la diffusione del Vangelo. È brutto vedere quando nella Chiesa le persone che hanno autorità cercano i propri interessi.

San Paolo, nella seconda Lettura della liturgia odierna, ci dice come essere buoni operai della vigna del Signore: quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato; ciò che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto quotidiano del nostro impegno (cfr Fil 4,8). Ripeto: quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato; ciò che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto quotidiano del nostro impegno. È l’atteggiamento dell’autorità e anche di ognuno di noi, perché ognuno di noi, nel suo piccolo, ha una certa autorità. Diventeremo così una Chiesa sempre più ricca di frutti di santità, daremo gloria al Padre che ci ama con infinita tenerezza, al Figlio che continua a donarci la salvezza, allo Spirito che ci apre il cuore e ci spinge verso la pienezza del bene.  ( Papa Francesco)

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